Alla fine Massimo Giletti avverte tutti: non prendete impegni, faremo un’altra puntata sulla Sicilia. Sugli sprechi. Sui gattopardi. “Non è l’Arena” ha regalato un altro episodio della saga. Con i soliti personaggi. Da Rosario Crocetta e al signor Brambilla, l’ideologo del Nord, venuto dal pianeta-Bossi, che chiede a gran voce il commissariamento dell’Isola. E secondo il quale nel Mezzogiorno non c’è l’humus per far attecchire una classe dirigente all’avanguardia. Stavolta, però, c’erano delle new entry, da Pietrangelo Buttafuoco al numero uno dell’Airgest, Salvatore Ombra, a cui Musumeci ha riaffidato la gestione dell’aeroporto di Trapani dopo averlo già portato alle stelle. Le cui motivazioni, incisive e puntuali, da imprenditore che s’è fatto da solo, vengono spesso sacrificate sull’altare dello scontro “personale” che fa audience: quello fra Giletti e il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, che stavolta si è prestato alle telecamere di La 7, grazie all’intermediazione dell’ambasciatrice Nunzia De Girolamo (ex Ministro della Repubblica). Ma ha rifiutato l’invito in trasmissione: “Giletti è così scorretto che sono sicuro non mi farebbe parlare”.

Ed è lì, sullo scontro di una vita, che Giletti focalizza l’attenzione di pubblico in studio e spettatori a casa. Mostra i soliti titoloni. “Miccichè ha detto che io bloccherei la rivoluzione. Ma perché mai?”. E cerca sponde negli amici “compiacenti”. Massimo di qua, Massimo di là. A metà serata compare Vincenzo Figuccia, che ha giusto il tempo di incolpare chi da “venticinque anni occupa posizioni di potere”. E appena sfiora i temi (politiche del lavoro, formazione professionale) viene tacciato di propaganda dal conduttore. La serata si snoda attorno alla solita guerra delle cifre. Miccichè, dal suo studio a palazzo dei Normanni, dice che il numero dei dipendenti della Regione è crollato in pochi anni da 27 mila a 11 mila. Giletti chiede conforto a Crocetta, tira in ballo i Forestali, materia buona per tutte le stagioni, e ribadisce che l’Ars, al netto dei trattamenti pensionistici ai dipendenti, spende oltre 90 milioni di euro l’anno (è già qualcosa rispetto ai 200 milioni della scorsa settimana).

Una caciara che restituisce lo spaccato di una Sicilia – gattopardesca – dove nulla cambia a causa della sua classe dirigente (per i sorrisi sornioni del solito signor Brambilla). Persino Crocetta che, per chi non lo ricordasse, è stato cinque anni presidente della Regione, arriva a sostenere che “la classe dirigente siciliana è stata colpevole di ascarismo rispetto al potere romano e lo ha fatto per averne un ritorno personale. Io ho tentato di fare delle cose, ma chiunque va a cozzare contro quel sistema…”. Parla della sudditanza dei politici nei confronti dei mafiosi, e rilancia l’attacco contro Gaetano Armao, assessore all’Economia, arrivando a sostenere che col suo vecchio governo è riuscito a spalmare 3 miliardi di disavanzo (“Me li lasciati in eredità proprio Armao quando era assessore di Lombardo”).

Quando sul proscenio di La 7, ogni tanto, vengono fuori i temi, Giletti è abile e scaltro nel ricondurre la polemica a Micciché (che alla fine gli recapiterà in studio “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, con tanto di dedica). Il presidente dell’Ars non cambia versione e, riferendosi all’episodio di una settimana prima, quando una giornalista di La 7 provò a introdursi in casa sua, spiega che “io non ce l’ho con la killer ma con il mandante”, che Giletti dice “corbellerie, fandonie, numeri inventati”, che è un “falso”. Il giornalista replica: “Le serve un otorino e anche uno che le controlli la vista. Killer e mandante sono espressioni che mi ricordano altri tempi. Sono termini che non le appartengono”.

Mentre Brambilla continua a sostenere la prevalenza della razza nordica, “Non è l’Arena” affronta l’ultimo scandalo delle divise per uscieri e portieri della Regione. Una gara d’appalto da un milione di euro di cui viene chiesto conto e ragione all’assessore Bernadette Grasso: “Restituisce decoro alle istituzioni” è la risposta. E provoca indignazione. La ditta incaricata di realizzarle su misura e di fornire assistenza per i dodici mesi successivi, spiega che risparmiare soldoni (almeno 200 mila euro) era possibile. E come se la Sicilia non fosse macchiata abbastanza, e non espiasse in pieno le sue colpe, Crocetta rievoca i tempi in cui la Regione affittava uccelli per un milione di euro da sistemare al parco d’Orleans. Grasse risate in studio. Le ultime schermaglie fra Crocetta e Brambilla lasciano addosso la strana sensazione di aver assistito a un teatrino. A un cortile piuttosto che a un’arena. Dove non si pongono affatto le basi del rinnovamento. Dove l’amore – tanto sbandierato – per quest’Isola, è una propaggine dello share e del pettegolezzo. Buono per tutte le stagioni, come i Forestali.