Non solo elogi per l’ex premier. Travaglio, nel suo editoriale di oggi sul Fatto quotidiano, punzecchia l’amico Conte facendogli notare che “il calo di partecipazione (solo il 20%) al voto di ieri è un monito anche” per lui. “Ognuno ha i suoi modi e lui – come ha detto Grillo, una volta tanto non a sproposito – è “un gentleman più adatto ai penultimatum che agli ultimatum”. Non riuscirebbe a parlar male di Belzebù, anzi ci troverebbe qualcosa di buono: dunque nessuno pretende che definisca B. psiconano o puttaniere. Ma dire che “ha fatto molte cose buone” (per poi indicarne una sola) o tributare “rispetto al netto del conflitto d’interessi” a un pregiudicato che la Cassazione indica come frodatore fiscale e finanziatore della mafia è molto meno del minimo sindacale, specie per il leader 5S”. E poi l’appello finale: “In politica, dopo le buone prove da premier, Conte non ha nulla da imparare da Grillo (…). Ma in comunicazione sì: non per passare al torpiloquio, ma per dare più concretezza e nettezza al suo linguaggio. A volte parla chiaro: specie quando lo attaccano o nelle emergenze. Altre si perde in fumisterie avvocatesi, come sul fisco per ricchi e lo sciopero. Basta guardarsi intorno: milioni di elettori esclusi da tutto attendono scelte e parole chiare per decidere se tornare a votare. E per chi”.