Il concetto di fondo è che alla base dei Cinque Stelle non frega nulla dei vice di Conte. Ieri, al voto elettronico, hanno partecipato il 20% degli aventi diritto. In 28 mila hanno scelto i nomi di Michele Gubitosa, Riccardo Ricciardi, Paola Taverna, Alessandra Todde e Mario Turco. Oggi, sul Fatto quotidiano, si avvertono le prime ripercussioni di un processo che fatica a ingranare. Nel suo editoriale in prima pagina il direttore Marco Travaglio ripercorre l’iter che ha portato fino a ieri: “Col voto degli iscritti che ha approvato, alla media del 90%, la squadra di Conte, si chiude la (troppo) lunga transizione fra vecchio e nuovo M5S, iniziata il 28 febbraio all’hotel Forum con la proposta di Grillo e degli altri big all’ex premier di rifondare i 5Stelle, interrotta il 24 giugno dalla retromarcia del fondatore, ripresa l’11 luglio con l’accordo Beppe-Giuseppe sul nuovo statuto, plebiscitata il 6 agosto dagli iscritti col 93% al nuovo presidente, battezzata a settembre dai bagni di folla, funestata il 3-4 ottobre dal pessimo risultato alle Comunali e ora completata con l’organigramma. La nuova squadra dovrà mettersi al lavoro ventre a terra per organizzare e radicare un movimento perlopiù virtuale. E ci riuscirà se smetterà di parlare di regole e polemiche interne, inevitabili nella fase di passaggio, ma alla lunga insopportabili. Il voto bulgaro di ieri, come quello – molto meno scontato – sul due per mille, dovrebbe insegnare agli eteni mugugnisti che non c’è spazio per contestare o insidiare questa leadership: la base si fida di Conte, approva va prescindere le sue scelte e non considera alternative. Si mettano il cuore in pace e lavorino con lui”.