L’incipit di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera farebbe arrossire chiunque, tranne l’assessore/maresciallo Francesco Scarpinato, che forte della benevolenza dei patrioti, non se ne cura. E anzi rilancia: un giorno con il Telamone, il giorno dopo con l’ara di Ierone che ospiterà i concerti estivi al Parco della Neapolis di Siracusa. Ma la notizia è un’altra e giunge da Piazza Armerina: “Fa pena, ridotta com’è, la stupenda Villa Romana – esordisce Stella -. Con quelle traumatiche chiazze biancastre sui mosaici e i cerottoni di garza appiccicati sui «vulcanelli» che si sollevano per l’umidità scassando la trama di tessere musive e gli schizzi osceni di guano dei colombi solidificati sulle impalcature ferrose. Per non dire della mestizia dei vecchi teli stesi a proteggere i preziosi pavimenti ormai così unti e bisunti da oscurare la luce… O della desolazione del peristilio col colonnato che ruota intorno al giardino con la gran fontana a tre vasche svuotate tra macchie d’acqua stagna, tappeti di muschio sulle basole, pantani viscidi, erbacce che buttano da pozzetti otturati, tettoie di plexiglas scrostato…”.

Non bisogna essere esperti d’arte per capire che la situazione, così come rappresentata, appare disastrosa. E che la mancata fruizione del sito – si è passati da 600 mila visitatori di vent’anni agli attuali 291 mila – è una terribile occasione persa per la Sicilia. Il sito fa due milioni d’incasso l’anno perché una grossa fetta di persone non paga. Accesso gratuito. Ché tanto le nostre opere d’arte, i nostri beni culturali, si mantengono da soli. Non c’è bisogno di qualcuno che paghi per vederli, né, di conseguenza, di un’attenta opera di manutenzione per tutelarli dall’erosione del tempo. Per la verità non si sentirebbe neppure l’esigenza dello sfottò: sia il Comune di Piazza Armerina (grazie alla tassa di soggiorno) che il Parco Archeologico (col bilancio in attivo) avrebbero i soldi, ma non trovano un euro da dirottare su un bravo mosaicista (o più di uno). Attendono che a farlo sia l’assessorato. Come se non conoscessero il guazzabuglio di interessi che muove la Regione, e l’intreccio di trame che stoppa la burocrazia. Povera Villa.