Non l’ho votata, non la voterò mai. Ma la Meloni ha fatto un discorso bellissimo. Si è autodefinita un underdog, il cavallo sfavorito, perché tale era una ragazza della Garbatella, nata in una famiglia complicata e certo non ricca, che ha fatto una scelta politica all’epoca marginale, perdente (e da me detestata).

Ho ascoltato con attenzione un’ora 11 minuti e 10 secondi del suo intervento mentre mangiavo, seduto al tavolo di lavoro, l’insalata con la buzzonaglia di tonno che m’ero portato da casa.

Ho ascoltato attentamente anche perché, finita l’insalata e mangiate tre clementine comprate dall’indiano sotto l’ufficio, alla fine sapere che ha detto il capo del governo per cui lavoro credo sia anche mio dovere, seppure non sono di destra e non lo diventerò per l’occasione.

Ma Giorgia ha fatto le dichiarazioni programmatiche più di sinistra che io ricordi. Forse ha pensato cose diverse, fasciste, terribili, forse. Però oggi ha detto cose serie, democratiche, occidentali, tutte condivisibili. Ha parlato di libertà e di diritti, di lavoro vero, che ha e dà dignità, contrapposto all’assistenzialismo clientelare del reddito di cittadinanza.

Per la sinistra sarà una avversaria tosta e salutare. Non cialtrona come i grillini, non demagogica e sborona come Salvini, non ormai patetica e grottesca come Berlusconi.

Probabilmente dovremo stare in trincea per i diritti civili, per difendere aborto e unioni di fatto. Ma dovremo trovare argomenti più convincenti dell’articolo determinativo dinanzi a “Presidente del Consiglio” per criticarla efficacemente.

E soprattutto dovremo cercare di riprenderci quel popolo – che una volta sosteneva “il gran partito del lavoratori” – a cui la sinistra non sa parlare più e che ora parla la lingua di Giorgia e l’ha votata.

(tratto da Strummerleaks, il blog di Toi Bianca)