Imprese artigiane e società cooperative possono tirare un sospiro di sollievo: l’Irca è quasi pronto. Nato dalla fusione di Ircac e Crias, il nuovo istituto regionale per il credito agevolato, le cui competenze ricadono a metà fra l’assessorato all’Economia e quello alle Attività Produttive, ha visto la luce un anno fa, nell’ambito del “collegato” alla Finanziaria 2018. Qualche giorno fa la giunta ha dato il via libera al regolamento, un passo fondamentale per l’ingresso a regime: “Manca il parere della Corte dei Conti e il decreto del Presidente della Regione, ma la tempistica sarà rapida – assicura l’assessore alle Attività Produttive, Mimmo Turano – Questo parto non è stato facile perché abbiamo messo assieme due cose diverse, che garantivano servizi a un mondo imprenditoriale importante, con procedure snelle e rapide. Ma che onestamente non avevano funzionato benissimo. Lo spirito dell’Irca è funzionare diversamente e garantire servizi ulteriori. Deve prevalere una gestione manageriale”.

Di cosa si occuperà il nuovo istituto?

“Di attivare una procedura semplificata per sostenere le iniziative del mondo della cooperazione e dell’artigianato. Noi abbiamo previsto l’ossatura dell’Irca e un regolamento per il suo funzionamento. Ma tutti gli aspetti gestionali sono rimandati allo Statuto, che agevolerà la vita degli artigiani e della cooperazione. Sta proprio qui la rivoluzione: un sistema semplice e semplificato”.

Per un ente che parte, ce n’è uno che non decolla. Ormai un anno fa – dopo gli scandali legati al sistema Montante – era stato designato dalla politica il nuovo commissario dell’Irsap, l’istituto che riunisce le ex aree di sviluppo industriale. Ma la nomina di Occhipinti non è mai stata ratificata, dopo i rilievi del Pd.

“Stiamo facendo tutte le verifiche che servono. Ad ogni modo sono molto contento dell’operato del commissario ad acta che lavora alacremente. Sono partiti una serie di finanziamenti che prima erano fermi. Ho incontrato l’associazione degli industriali in tutte le sue articolazioni e stiamo creando un fondo per riqualificare le aree pubbliche delle Asi. Poi, all’interno delle Asi, abbiamo istituito le zone economiche speciali (Zes) e, una volta ottenuto il riconoscimento da parte del Ministero, dovrebbe essere più semplice attrarre investimenti in posti in cui la Regione è intervenuta riqualificando le aree industriali. E c’è dell’altro”.

Cosa?

“Con la delibera che porterò in giunta entro il mese di settembre, si attivano due differenti misure: oltre al fondo di riqualificazione delle Asi, che si rimanda da troppo tempo, ce n’è un altro per il co-finanziamento dei progetti strategici che arrivano alla Regione. Scorreranno lungo binari paralleli. Mettiamo a regime quello che c’è di vecchio e pensiamo a un’innovazione vera e diversa”.

Invece cosa produrrà l’istituzione delle zone economiche speciali e, soprattutto, quanto ci metterà il Ministero a dare il suo ok definitivo?

“Sono agevolazioni fiscali commisurate al sistema del credito d’imposta e semplificazioni amministrative. Atteso che la porzione di area che spetta alla Sicilia per le Zes è pari allo 0,2 del territorio regionale, abbiamo assegnato il 90%, mentre il 10% lo abbiamo messo a bando, con una visione premiale, fra i comuni che faranno dei progetti migliorativi per ottenere questa porzione di territorio. Oggi è scaduto il termine per le proposte, da domani si insedia la commissione per definire le ulteriori aree da assegnare, in modo da inoltrarle a Roma. Chiederò un incontro al nuovo ministro, faremo rapidamente”.

Altro capitolo scottante: le crisi aziendali. Quale sarà il contributo del governo regionale alla loro risoluzione? Metà dei lavoratori di Almaviva, a Palermo, sono a rischio licenziamento. Quelli di Blutec hanno ottenuto la proroga della cassa integrazione, ma il futuro non è roseo.

“Su questo bisogna essere chiari. Non è una cosa che riguarda solo o prevalentemente la Regione, è un problema nazionale, su cui la Regione diventa il terminale di tensioni sociali perché le sedi degli stabilimenti sono qui da noi. Crede che io possa avere la forza di chiamare Fca per riaprire Termini Imerese? Purtroppo non ce l’ho. Ad avere le chiavi in mano è il Ministero per lo Sviluppo Economico. Noi siamo funzionali nell’agevolazione di questo percorso, ma da soli sappiamo di poter far poco”.

Ma ammette oppure no che di recenti i rapporti, i collegamenti fra Stato e Regione non siano stati dei migliori?

“Parlare del funzionamento di un ministero o di un ministro può diventare riduttivo. Il governo gialloverde, però, non ha avuto una visione strategica su come far crescere il Paese nella sua interezza. Non mi è sembrato che abbia brillato per iniziative che mettessero al centro il Sud”.

Un ministero importante come quello per il Sud è andato a un siciliano, Peppe Provenzano del Pd. Mentre lo Sviluppo Economico, rimasto ai 5 Stelle, finisce al triestino Patuanelli. Come giudica queste scelte?

“Per quanto riguarda il Mezzogiorno, avevo una buona impressione anche del Ministro Lezzi, che mi è sembrata attenta, dinamica e propositiva. Provenzano, in più, ha dalla sua il fatto di essere siciliano e potrebbe significare tanto essere protagonista della crescita e dello sviluppo del proprio territorio. Chiaramente un ministro pensa a tutta Italia, ma la Sicilia per troppo tempo è stata considerata periferica. Patuanelli, invece, deve saper dimostrare di risolvere le crisi che Di Maio non ha saputo risolvere, su tutti quella di Blutec. Non si può cantare vittoria per un emendamento che dà sei mesi in più di cassa integrazione ai lavoratori, quando poi non alzi il telefono e chiami Fca per risolvere il problema dello stabilimento di Termini. Quello che ha fatto Di Maio per Termini grida vendetta”.

Ci sarà maggiore collaborazione rispetto a prima sull’asse Palermo-Roma?

“Credo sia un atto dovuto, e non è certo una questione di colore politico. Io mi inorgoglisco quando da parte dei colleghi del Movimento 5 Stelle o del Pd ricevo delle proposte che il governo apprezza”.

Ha detto che la Sicilia non deve più rimanere periferica. Quale attenzione reclama dal governo nazionale?

“Un grande piano per il Sud. E la Regione deve essere all’altezza di comprendere e cavalcare questa scommessa. Sono certo che il presidente Musumeci, con la sua visione e con il suo impegno, sarà protagonista”.

Qualcuno ha detto che l’asse Pd-M5s, qui in Sicilia, renda la maggioranza più coesa. Altri sospettano che all’Ars, a partire dalla prossima riforma sui rifiuti, saranno dolori. Chi ha ragione?

“Noi una maggioranza in assemblea non l’abbiamo mai avuta, e pure siamo riusciti a fare delle cose molto importanti. Credo che la Sicilia abbia bisogno di provvedimenti che vadano nell’interesse della sua gente, quindi sarebbe un errore dividersi proprio adesso. Mi rendo conto che l’opposizione voglia giocare un proprio ruolo. La sua visione, adesso, è più definita dato che a Roma è diventata maggioranza”.

Su Facebook ha postato una faccia che dice tutto sull’alleanza fra Di Maio e Zingaretti. Resta scettico su questa operazione?

“Nessuno scetticismo, è un’operazione parlamentare prevista dalla costituzione. Ma tutto il resto si commenta da solo e non serve aggiungere altro a quella faccia di cui lei parla”.

Molti hanno parlato della nascita di un nuovo bipolarismo. Da un lato la sinistra, dall’altro Salvini e i sovranisti. Ma così che fine fanno l’Udc e il polo dei moderati?

“Non credo sia nato un nuovo bipolarismo. Se capisco qualcosa di politica, si è passati da un sistema bipolare a uno tripolare e adesso sembriamo tornati indietro. Ma in realtà, si va verso un proporzionale. Noi moderati del centrodestra dobbiamo essere coraggiosi nell’affrontare una nuova scommessa e lavorare a una nuova area trasversale e radicata sull’intero territorio, che faccia da collante e riunisca gli interessi del Paese”.

E’ un esperimento che deve partire dalla Sicilia?

“In Sicilia quest’area c’è già. Dobbiamo soltanto metterla a regime e io farò la mia parte fino in fondo, senza guardare a interessi o ambizioni personali. Un’area di questo tipo serve al paese, e in Sicilia va regolamentata in maniera coraggiosa, guardando a nuovi soggetti e nuove prospettive, a una nuova classe dirigente che va costruita con generosità da parte di chi, come me, ha un po’ d’esperienza. Potrà fare la differenza non soltanto da un punto di vista elettorale, ma strategico. Il bipolarismo che è nato con questo governo è un’operazione fittizia, falsa e senza alcuna prospettiva”.