Palermo si butta via. Il Consiglio comunale, di cui Orlando non ha più il controllo da mesi, ha deciso di bocciare la proposta della giunta di aumentare l’aliquota Irpef all’1,6 per cento per i prossimi due anni. Evitando, di fatti, un salasso per i cittadini. Ma è una scelta che determina, allo stesso tempo, un rischio enorme per la città. Se la proposta non verrà aggiornata entro il prossimo 28 maggio, infatti, il Comune dovrà rinunciare al piano di riequilibrio concordato con il governo Draghi (che mette in palio 180 milioni) per sfuggire al disastro dei conti. Significherebbe default. Dissesto.

Ma la cosa più struggente e grottesca di questa pantomima è che il sindaco uscente, rimasto senza maggioranza, accusi il Consiglio comunale di voler salvaguardare le tasche dei cittadini, anziché il suo nome: Orlando, infatti, non digerirebbe l’idea di aver trascinato la quinta città d’Italia nel baratro economico e finanziario. Lui, fautore di bellezza e di cultura, non vorrebbe mai essere ricordato come “sindaco del dissesto” (che pure il ragioniere generale aveva invocato). Ma è il professore, con la sua permanenza insistita e insistente a palazzo delle Aquile, ad aver determinato una situazione tale per cui – comunque – si ritroverà in trappola. Lui, Orlando, ha già scelto di applicare la tagliola sulla testa di cittadini incolpevoli (nella maggior parte dei casi), privilegiando la ragion di stato.

Forse al sindaco sarebbe bastato un passo di lato, in tempi non sospetti, per mettere il Consiglio comunale di fronte alle proprie responsabilità e non esporre Palermo a questo circo. Dall’uscita di scena degli assessori di Italia Viva, infatti, Orlando ha perso ogni speranza d’arrivare intonso a fine legislatura. Persino Franco Miceli, in un passaggio di consegne surreale, domenica pomeriggio a Villa Filippina, ha dichiarato che “la spinta propulsiva” della sua azione amministrativa “si è esaurita” e che ora è il momento di cambiare fase. E pensare che Orlando, non sapendo più che pesci pigliare, aveva tentato un’ultima mossa a sorpresa sui conti. Cioè proporre al presidente del Consiglio, Totò Orlando, il ritiro della delibera: “Il rifiuto di modificare come proposto dalla Giunta, secondo criteri di equità fiscale, la delibera sull’addizionale Irpef costituisce una scelta, ancora una volta, in danno della città e dei lavoratori da parte di consiglieri comunali irresponsabili”, ha attaccato il primo cittadino dopo l’ennesimo sgarbo. Per Leoluca la colpa è sempre di qualcun altro.

Anche se nell’ultima fase del suo operato, contraddistinta da una penuria di successi, il professore non è mai riuscito a imporre un cambio di passo e di direzione alla sua amministrazione: dalla scabrosa vicenda del cimitero dei Rotoli, che vede tuttora centinaia di bare stipate senza sepoltura in un tendone (a dargli una mano è stato, addirittura, l’arci-nemico Salvini, facendo approvare un emendamento da 2 milioni in Senato); passando per le condizioni strenue del ponte Oreto, riaperto solo di recente, a testimonianza di un piano della viabilità disastroso; passando per i cantieri infiniti del collettore fognario e del passante ferroviario, per le sonore bocciature subite dal progetto del nuovo tram, per l’illuminazione a intermittenza, per i depuratori mal funzionanti, per gli sversamenti a Mondello, per gli allagamenti stradali. Una serie di guai che non l’hanno distratto dall’obiettivo prioritario: giungere a fine legislatura e congedarsi come piace a lui. Con gli onori della ribalta, e magari con un applauso.

Fin qui, invece, ha ricevuto solo pernacchie: “La Giunta e il Consiglio comunale trovino un punto di incontro che consenta di confermare gli interventi previsti per i lavoratori, tra cui l’aumento delle ore per i part time, perché necessari a evitare il dissesto funzionale dell’ente e il fallimento dei servizi alla città. In caso contrario, a pagarne il prezzo saranno i lavoratori e i contribuenti”, avverte Nicola Scaglione, segretario generale aggiunto della Csa-Cisal. “La bocciatura – dichiara il consigliere Leonardo Canto, di Azione – pone la parola fine sul principio illiberale per il quale siano i cittadini a dover pagare con le proprie tasse tutti i disastri di questa amministrazione”. Anche i Cinque Stelle affermano di aver “scongiurato il pericolo” dell’aumento Irpef. Più tiepido il commento di Marianna Caronia, consigliera della Lega: “Oggi è un giorno triste per Palermo, condannata da Orlando al declino e condannata da una parte della politica a rimanere per lunghi anni nell’inferno che sarà il dissesto”. Severo il giudizio dei consiglieri comunali di Italia Viva: “A essere bocciata è stata l’arroganza di questa amministrazione che ancora una volta era pronta a mettere le mani nelle tasche dei palermitani per coprire i propri fallimenti. Adesso chiediamo che l’intero piano di riequilibrio e il conseguente accordo con lo Stato vengano rivisti e discussi dal prossimo sindaco con più autorevolezza”.

Perché c’è il rischio che l’eredità (im)materiale di Orlando finisca col gravare sul suo successore. Miceli, Lagalla o chiunque si imponga nelle urne. Il primo atto del futuro sindaco, infatti, rischia di dover essere la dichiarazione di dissesto. A quel punto il professore sarebbe corresponsabile di una fine annunciata, e finora solo rimandata. Il fondatore della Rete, probabilmente, non ha abbastanza fegato per affrontare le realtà. E sul punto si mantiene vago, additando qualcun altro. Dopo aver subito uno scappellotto da Miceli, durante debutto di domenica, ha avuto da ridire: Palermo è “irreversibilmente città dei diritti, dalla pace al lavoro. Attrattiva e credibile a livello internazionale”. Come se bastasse tutto questo a conservarne intatta la memoria.

La conferenza stampa di Orlando

“Ho fatto appello al presidente del Consiglio Mario Draghi perché presti attenzione alle condizioni della città di Palermo che non è stata considerata in maniera adeguata rispetto ad altre grandi città come Torino, Milano, Roma e Napoli. Questo si è tradotto in una forte sperequazione di risorse: 178 milioni di euro in vent’anni a fronte di oltre un miliardo concessi a Torino, Napoli e Roma. Serve un intervento mirato su Palermo che non merita questa disattenzione”. Leoluca Orlando, all’indomani dell’ennesimo schiaffo rimediato in Consiglio comunale, torna a parlare di piano di riequilibrio. “Al presidente Draghi ho anche rappresentato l’assurdità del Fondo crediti di dubbia esigibilità che costringe comuni come Palermo a bloccare risorse, nonostante la città abbia risorse disponibili. Palermo non ha debiti, ma ha piuttosto difficoltà a riscuotere la fiscalità locale. L’amministrazione comunale si è dotata di un Piano di riequilibrio che è modificabile negli anni dalle future amministrazioni, approvato dal Consiglio comunale, previsto dalla legislazione per evitare il disastroso dissesto con il quale, invece, non si potrebbe modificare nulla: salterebbero al massimo tariffe e aliquote fiscali, salterebbe l’aumento delle ore per i dipendenti, salterebbero le nuove assunzioni, si condannerebbero Teatro Massimo e Teatro Biondo e si taglierebbero le spese sociali. Al presidente Draghi – ha continuato il sindaco, parlando con i giornalisti – ho chiesto un provvedimento per Palermo per riequilibrare l’intervento già disposto per il Comune di Roma, Torino e Napoli”.

Poi il sindaco passa all’attacco per il comportamento tenuto da alcuni consiglieri a Sala delle Lapidi: “Sono logiche distruttive di consiglieri comunali che sanno che non governeranno la città. Sono consiglieri senza responsabilità che giocano con il Consiglio comunale come se fosse un giocattolo. Questo a partire dai renziani”. Inoltre, Orlando ha spiegato che il Consiglio comunale è “indecorosamente guidato da un presidente (Totò Orlando, ndr) che si è iscritto al partito di Renzi e che ha tradito il mandato degli elettori. Resta la serenità per il fatto che io non sarò candidato e così non potrà giovarsi dell’omonimia che gli ha consentito una risicata rielezione”. E ancora: ” Non consentirò che Palermo venga utilizzata come merce di scambio. Palermo non si può barattare per qualche voto in più in future, altre, elezioni. Farò di tutto – ha concluso il sindaco – per evitare il dissesto sapendo che questo è un dovere nei confronti dei cittadini e delle future amministrazioni”.