Cultura e ingorghi, splendore e traffico, estasi e disperazione. L’anima di Palermo si muove sul filo dell’ossimoro, cerca di scoprire e raccontare la bellezza senza trovare il giusto equilibrio con i suoi disagi. Predilige l’arte in tutte le sue forme, i percorsi Unesco, gli eventi di capitale della cultura, le porte aperte di Manifesta, anche se la città, nella sua quotidianità, sembra non decollare mai. Potrebbe sembrare la trama di Eva contro Eva, una storia in cui gli opposti non solo non si riconoscono, ma addirittura si contrappongono tanto da non sembrare due facce della stessa medaglia. Una storia, quella di Palermo, che va dalle trame noir a quelle thriller di una cronaca che non lascia scampo ad immaginazione, buoni propositi, meraviglie.

Da una parte c’è una Palermo inedita, la Palermo che apre palazzi storici per la prima volta. C’è un mecenate, Massimo Valsecchi, che acquista palazzo Butera, lo tira a lucido, lo ammira per i suoi tratti settecenteschi, per il suo fascino a momenti fatiscente, lo restituisce alla città in una visione romantica che lo vedrebbe come una finestra sul mare. Lo apre al pubblico per la prima volta in occasione di Manifesta lasciando tutti a bocca aperta. Coloratissime carte da parati firmate dal collettivo artistico Fallen Fruit trasformano – almeno temporaneamente – i grandi saloni della dimora nobiliare in un grande teatro del sole – questo il nome dell’installazione – dall’impronta un po’ pop, americana quanto basta.

Dall’altra parte, però, c’è la Palermo di sempre, la Palermo malconcia di sempre. Quella del traffico di Jhonny Stecchino che, in barba a varie ed eventuali Salerno-Reggio Calabria, geolocalizza il peggio di sé sul ponte Corleone, quel ponte malandato sulla circonvallazione da mettere in sicurezza nottetempo. Dopo un avvio dei lavori tutt’altro che roseo, è l’assessore ai Lavori Pubblici Emilio Arcuri a derubricare gli ingorghi sotto il sole cocente e a mandare la pratica ad un più immediato “lavori in corso, ma in notturna”. Poi c’è l’Amat, la tanto cara partecipata dell’amministrazione che, senza pensarci su troppo, scarica il sindaco e la sua giunta e dà un aut aut: “O si adegua il contratto di servizio, o da agosto fermeremo il tram”.

C’è la città dell’Orto Botanico aperto e restituito alla città dove si legge Shakespeare e c’è la città dei cantieri lumaca. C’è quella dell’Opera Camion firmata Teatro Massimo che porta la lirica nelle periferie e c’è la raccolta differenziata che nel centro città funziona a singhiozzo e nelle periferie neppure c’arriva. C’è la Palermo che alle volte è Dottor Jekyll, mentre spesso è Mr Hyde. La città patinata dei titoli europei, delle pedonalizzazioni, del percorso Unesco, del tram, dell’accoglienza, della cultura che attrae e fa perdere la testa ai turisti, la città che proprio all’ingresso del Teatro Garibaldi, quartier generale di Manifesta, contrappone grassa bellezza all’immortale immondizia.

Voci a confronto, in una città che lotta contro se stessa. “La cultura è una scommessa – spiega Francesco Bertolino, presidente della Commissione Cultura del Comune -. Alzare il livello culturale della città significa proiettarsi verso una visione internazionale capace di rendere Palermo crocevia del turismo. L’idea è quella di contaminare, tanto da divulgare sempre di più. Consci delle difficoltà, ma consapevoli più che mai delle potenzialità di questa città. Abbiamo restituito al mondo una cartolina di Palermo che è polo di fedi e culture diverse. Questa è una fondamentale risposta a chi vede l’altro con timore. Quello che ad altri fa paura, per noi è una straordinaria risposta”.

Palermo, tra le bellezze che le danno grandi opportunità di attrazione internazionale, è però una città che deve fare i conti con se stessa. “Una città vivibile per i propri cittadini è una città che può esserlo anche per i turisti e per coloro che vengono ad apprezzarla – spiega il leader dell’opposizione Fabrizio Ferrandelli -. L’amministrazione si è concentrata soltanto sulla parte di città vivibile a chi viene da fuori. Se una città è vivibile dai propri cittadini, sarà accogliente, bella ed ospitale anche per chi verrà dall’estero. Questo è il contrasto di un degrado. C’è una città che splende per la propria bellezza, perché è già bella di per sé, solo che poi è trascurata nei propri bisogni. Questa città ha solo bisogno di una riconciliazione nei termini. E il metodo migliore per perseguire la bellezza e la conciliazione è quello di pensare innanzitutto ai cittadini, ai palermitani”.