Ho un amico tifoso sfegatato del Palermo, ma di quelli seri. Ogni volta che tocchiamo l’argomento pallone mi racconta che a lui poco importa che il Palermo giochi in serie A, B o C. Lui il Palermo lo seguirebbe sempre, ovunque e comunque. Qualunque sia la categoria – dice – non cambia nulla. E quando una volta, per provocarlo, gli dissi che in fondo il tifoso palermitano si diverte di più e sfoga meglio la sua passione nei campionati minori, lui non confermò ma nemmeno negò.

Colpa forse dei troppi anni lontano dal calcio che conta, il Palermo in serie A – anche quando si piazzava a ridosso delle grandi – è stato sempre considerato un ospite di passaggio. La definitiva consacrazione di squadra da serie A non l’ha mai avuta e non l’avrà fin quando la partecipazione al campionato maggiore rimarrà un’eccezione e non la regola. Insomma, la serie A il Palermo non l’ha mai sentita davvero sua. E nemmeno i tifosi rosanero che sembrano trovarsi meglio a loro agio nei loggioni di Chiavari, Foggia o Terni piuttosto che nei palchi reali di Milano, Roma o Torino. D’altronde è forse un mistero che il supporter rosanero più che le sfide contro Juventus o Milan ami ricordare quelle con il Crotone quando si chiamava Kroton? Gli stessi supporter che fischiano, insultano e soprattutto dispensano suca, prima dopo e durante gli incontri, a ogni squadra blasonata di serie A, la cui presenza al Barbera e in città dovrebbe invece essere motivo di prestigio.

E poi al palermitano, diciamolo, essere di serie B non dispiace, non solo nel calcio. Prendi la ZTL, provvedimento giusto e necessario in tutte le grandi città d’Italia, la cui istituzione a Palermo per poco non generava sommosse popolari. O prendi la raccolta differenziata, in vigore da anni dappertutto, tranne che a Palermo dove la sola idea di dover perdere tempo a dividere la plastica dall’umido provoca le convulsioni. Meglio lamentarsi e dare la colpa a Ollando, rimanere sempre nel limbo, vivere in un Purgatorio che è sempre meglio dell’Inferno, ma il Paradiso è troppo impegnativo e comporta troppi sacrifici e difficoltà di adattamento. La serie B, alla fine, è più alla portata. La serie A ci mette alla pari delle grandi metropoli, con le quali si è costretti poi a confrontarsi. Meglio di no. D’altronde qui magari manca il lavoro e le regole basilari della civile convivenza. Ma c’è la spiaggia e il sole di Mondello, mentre gli altri hanno solo la nebbia. Vuoi mettere?