Parla Fedez e vince Grillo, nel senso del grillismo come categoria filosofica del contemporaneo. Da un video all’altro – da quello di Beppe al suo meglio, in cui inscena l’urlo e il furore, ovvero il niente ma molto teatrale, a quello molto teatrale del rapper, altrettanto furore e altrettante urla – la politica vive le sue giornate di vapore acqueo, sguazza nella sua pozzanghera, fa a gara a chi dice l’ovvietà più rigogliosa, si gonfia i polmoni dell’assertività più incontestabile, fa dell’ipocrisia un effetto collaterale da bugiardino, si rotola nella semplificazione a portata di mano, rifiuta ogni complessità, gli serve un applauso lì per lì, niente altro. Nelle sue giornate più buie, Grillo ha vinto. Ha vinto il suo sistema – parola passepartout in questi giorni – per cui potrebbe benissimo ritirarsi nel porto franco del suo blog, fra i suoi fantasmi e le sue ossessioni, a godersi l’effetto che fa. Continua sull’Huffington Post
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Parla Fedez, ma vince Grillo La politica e la gara dell’ovvietà
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