Chi lo leggeva per l’ebraismo e lo infilava nella narrativa yiddish, chi provava a rimorchiare con frasi come “molti conoscono le altre persone per scopare io le scopo per conoscerle”, c’era il rothiano intimista, pessimista, quello dell’ultimo Roth, della riflessione sulla morte, il disfacimento della carne, c’è il Roth che trovi in un lungo pezzo di Paolo Mieli sul patto Molotov-Ribbentrop, Shylock, i cosacchi e La coscienza di Zeno, c’è chi ha comprato “Ho sposato un comunista” solo per il titolo, c’è chi non ha mai letto nulla ma trova assurdo che non abbia vinto il Nobel, e c’è Philip Roth, che diceva di voler finire in una tomba che fa concorrenza a quella di Jim Morrison, circondato da ragazzine che si struggono per non aver fatto in tempo a scopare con lui.
Andrea Minuz
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Philip Roth, la morte, il sesso
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