È abbastanza normale che i nostri leader già si preparino alle elezioni europee: le loro fortune dipendono dal consenso, che rappresenta il pregio (e il cruccio) di qualunque democrazia. Per cui nel prossimo anno spenderanno fior di energie a rubarsi reciprocamente i voti. Fa parte della fisiologia politica, specie con il sistema proporzionale. Inutile scandalizzarsi, dunque, delle liti di governo, delle tensioni di maggioranza, dei polveroni inutili, degli incidenti su questioni minori, dei continui rinvii, delle lotte per le poltrone; fino al 9 giugno 2024 ci godremo queste nevrosi, che possa piacere o meno.

Sorprende, semmai, la reazione di Giorgia Meloni. Non è nata ieri, ha maturato una lunga esperienza. Dovrebbe sapere che, svanita la luna di miele, subentra spesso la noia e occorrono nervi saldi, resilienza, sopportazione. Ma invece di mostrarsi zen, di sfoderare pazienza con i compagni di viaggio, Giorgia li vorrebbe in riga a marciare compatti come e dove decide lei. Fa parte del DNA, del suo tratto caratteriale. Nei conciliaboli pare minacci nuove elezioni politiche anticipate. “Volendo tornare alle urne ci metterei un minuto”, è la certezza che molti le attribuiscono, sfoghi fin qui mai smentiti. Ma come tutte le pistole, anche quella del voto anticipato dev’essere pronta a sparare. A tale proposito sorgono un dubbio e un punto interrogativo. Il dubbio, anzitutto: davvero le converrebbe votare? Sul serio la premier ritiene che, dopo nuove elezioni, tornerebbe a Palazzo Chigi? Non rischierebbe di ritrovarsi nel ghetto, da dove è venuta? Continua su Huffington Post