«Mi richiami più tardi, stamattina stiamo smistando le prime e sto predisponendo l’accoglienza».  È il primo giorno di scuola in tempo di Covid per Vito Pecoraro, preside dell’Alberghiero “Piazza” di Palermo, l’istituto più popoloso d’Italia con più di 2700 studenti, 360 docenti e 170 impiegati tra amministrativi e tecnici (quasi un piccolo paese). Affronta l’emergenza sanitaria senza toni solenni da Cesare nel «De bello gallico» ma col piglio pragmatico di chi deve fare di necessità virtù. Non ha quasi fatto ferie per poter predisporre al meglio il rientro di alunni, professori e personale della burocrazia scolastica nell’imponente complesso degli ex Mulini Virga di Corso dei Mille.

Non è facile per nessuno, figuriamoci per voi. La sua parola d’ordine in questi giorni è…

«Organizzazione. Siamo quelli che si vantano di riuscire ad evacuare uno stabile di sei piani con migliaia di persone all’interno in nove minuti e dunque… Per adesso stiamo garantendo l’ingresso delle prime e delle quinte classi che però potranno far lezione tutti i giorni solo quando avremo i banchi monoposto. Sono ovviamente le comunità più “delicate” dal punto di vista didattico, l’inizio e la fine di un percorso di formazione, l’ingresso in un mondo nuovo per gli adolescenti che arrivano dalla scuola media e il suggello che i quasi adulti appongono alla fine degli studi superiori con la maturità».

Gli altri?

«Le seconde, le terze e le quarte sono organizzate con la didattica a distanza a settimane alterne. Non posso più ospitare tutti, ogni giorno, qui dentro: non me lo consentono le nuove norme».

Ai nuovi arrivati che effetto fa?

«Stiamo accogliendo le prime classi a gruppi di sei e lo faccio personalmente con i docenti: in aula magna proponiamo un filmato che abbiamo realizzato con la responsabile della sicurezza, con il nostro medico e con uno dei docenti di informatica. Come dire: ragazzi, quest’anno a scuola ci si comporta così, queste sono le regole che dovete rispettare, ecco come potete accedere al registro elettronico e via spiegando».

In una scuola così grande ne arrivano parecchi anche dalla provincia.

«Da 40 paesi del Palermitano per l’esattezza. Molti genitori, in via cautelativa, preoccupandosi soprattutto per l’uso dei mezzi pubblici, hanno optato per la didattica a distanza. Sono padre anch’io e li capisco. Però, senza polemica, vorrei dire loro: state attenti ai comportamenti dei vostri figli anche fuori dalla scuola, a casa, per strada con gli amici. È inutile che la scuola organizzi tre ingressi separati se poi il pomeriggio ci si vede con i compagni senza mascherina».

A proposito, come si comportano?

«Fuori dalla scuola c’è un po’ d’anarchia ma in questa prima giornata, dentro, sono stati tutti bravissimi».

Altre forme di prevenzione adottate?

«Con i soldi arrivati abbiamo fatto rimettere a posto i servizi igienici, riverniciato le aule con vernici antisettiche, comprato – oltre a quello fornito dalla Protezione Civile – gel disinfettante in tutti i piani per ogni cambio d’ora».

Tra i progetti, cosa ha dovuto sacrificare la scuola al Covid?

«Purtroppo i progetti europei di mobilità, ovvero i viaggi, che sono occasione di crescita collettiva. L’alternanza scuola-lavoro – i cosiddetti percorsi d’orientamento – perché se le aziende non presentano un protocollo Covid rigoroso, io non posso far uscire nemmeno un ragazzo per fare esperienza fuori. Ma anche la semplice visita ad una fabbrica o ad un museo: in assenza di protocolli severi all’esterno, non posso farmi carico di alcuna responsabilità. Anche nell’ordinaria programmazione didattica: prenda ad esempio le scienze motorie. In una scuola come la nostra, impossibile fare attività fisica in una sola palestra e dunque ogni anno ne affittiamo una supplementare in un istituto di suore qui vicino. Per ora siamo in stand-by perché quella palestra non è a normativa anti-Covid. Le suorine però sono deliziose, si stanno attrezzando per ottenere tutti i permessi».

I laboratori, ovvero le cucine: tutti aspiranti chef con la mascherina?

«Come i professionisti dei ristoranti nei quali un giorno vorranno lavorare, tra fornelli e tegami rigorosamente con la mascherina. Ma anche chi vuol fare il barman, il cameriere o il concierge in un albergo: chi ti prepara un cocktail, chi ti serve a un tavolo, chi ti accoglie in una hall oggi senza avere la mascherina?».

Difficile da far capire a un ragazzo.

«Sa cosa ho detto oggi ai quattordicenni delle prime? Ragazzi, pazienza, accettiamola questa sfida inattesa, facciamo conto che, nella crescita sociale, non solo nella vostra, ma anche in quella di noi adulti, ci sia capitata questa responsabilità in più. Credo che solo così possano capire che non si tratti solo, pur se necessari, di divieti».