“Ieri Meloni aveva un’occasione: tagliare i ponti con il mondo vicino al neofascismo, anche in FdI. Ma non l’ha fatto. Il luogo scelto (il palco neofranchista di Vox) e le parole usate sulla matrice perpetuano l’ambiguità che la pone fuori dall’arco democratico e repubblicano”. L’ultimo attacco alla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, viene sferrato dal sicilianissimo Peppe Provenzano, ex Ministro per il Sud, attuale vicesegretario nazionale del Partito Democratico e allievo del compianto Emanuele Macaluso. La difficoltà a individuare, da parte della Meloni, la matrice dell’attacco di sabato scorso alla Cgil (ad opera di Forza Nuova) l’ha posta al centro del gioco nemico. Nelle ultime ore, inoltre, i dem hanno presentato un atto parlamentare per lo scioglimento di tutti i movimenti riconducibili ai totalitarismi di destra.

E’ un momentaccio per Fratelli d’Italia, già reduce dalla polemica per l’inchiesta di Fan Page che ha coinvolto l’europarlamentare Carlo Fidanza. Alla stoccata di Provenzano ha risposto la stessa Meloni: “Il vicesegretario del partito ‘democratico’ vorrebbe sciogliere il primo partito italiano (oltre che l’unica opposizione al governo). Un partito a cui fanno riferimento milioni di cittadini italiani che confidano e credono nelle nostre idee e proposte. Spero che Letta prenda subito le distanze da queste gravissime affermazioni che rivelano la vera intenzione della sinistra: fare fuori Fratelli d’Italia. O forse i toni da regime totalitario usati dal suo vice rappresentano la linea del Pd? Aspettiamo risposte.

Anche Salvini, però, è tornato all’attacco del vicesegretario di Milena: “Il vice-segretario del PD taccia ed eviti di dire idiozie, non è certo lui che può dare patenti di “democrazia” a nessuno. Fascismo e comunismo per fortuna sono stati sconfitti dalla Storia, e non ritorneranno. Chieda piuttosto al suo ministro, l’inadeguata Lamorgese, come è stato possibile che poche decine di violenti, che non potevano nemmeno essere in piazza, abbiano aggredito e assaltato impunemente”.

Da Savona era intervenuto sulla questione anche Enrico Letta, segretario nazionale del Pd: “Il problema è quello che hanno detto, non che hanno parlato 24 ore dopo i fatti. Il fatto di non riuscire a dire: condanno questo squadrismo fascista, punto. Cosa c’è dietro? Vuol dire che esiste un legame con una parte di mondo che considera il fascismo non come il male assoluto. Nella Meloni c’è un legame diretto con la fiamma nel simbolo, ma la Lega di Bossi non lo capisco”. Ieri anche Musumeci, dalla Sicilia, era intervenuto sul tema. Rimanendo anch’egli abbastanza vago sulla matrice: “Il diritto di manifestare dissenso non deve mai degenerare nella violenza che, di qualunque matrice, non può trovare alcuna tolleranza”.