Da diversi anni non lo si vedeva più in giro, ad inaugurazioni di mostre, prime teatrali, conferenze, dibattiti, presentazioni di libri. Una brutta caduta – con quel che ne consegue – e la vita di Benedetto Patera, tra i più importanti ed acuti storici dell’arte del dopoguerra – s’era fermata lì, nel suo studio, tra le sue carte, tra i documenti sui suoi artisti amatissimi. Ieri se n’è andato, a 93 anni.

Partannese, e ci teneva a questa origine dalla provincia trapanese, è stato anche professore per generazioni di studenti. 50 anni la sua attività in cattedra, equamente divisi tra i licei e l’Università di Palermo. Patera aveva fama di severo (non del tutto infondata) ma quando gli scappava una risata se ne concedeva volentieri il piacere, con i colleghi, con gli studenti, con gli amici. Lascia una pubblicistica che si può ben dire sterminata e che si divide tra i manuali per le scuole e l’università, i periodi che da studioso ha più amato della nostra storia tra pittura e scultura, Quattro e Cinquecento su tutti con spiccata predilezione per gli artisti isolani, la scoperta e la rivalutazione di alcuni “minori”, i rapporti tra la creazione figurativa e quella letteraria e la conservazione delle testimonianze d’arte grandi e meno grandi che è stata un suo pallino specie dopo il terremoto del Belice quando il sisma fece venir giù, oltre le case, le chiese e si contarono vittime, oltre che tra gli umani, anche su alcuni capolavori che pittori e scultori – siciliani e non – avevano lasciato nei secoli negli edifici sacri del “suo” Trapanese e della Sicilia Occidentale in genere.

Fuori tema – ma non meno appassionato e soprattutto divertito – è stato il suo amore per la musica e il cinema e in particolare per la musica nel cinema, vuoi che si trattasse di opere liriche trasposte per il grande schermo che di biografie di grandi del pentagramma narrate in pellicola ma anche di divi e dive negli anni del passaggio tra il muto e il sonoro dei quali sembrava conoscer tutto, o anche più, con aneddotico, popolare diletto. Una passione – quella per la musica – condivisa con Sara, sua moglie, musicista e critico musicale, da oltre 40 anni, del “Giornale di Sicilia”, sempre a fianco, da un’opera a un concerto.