“Sui diritti non si torna indietro”. Parola di Agnese Ciulla, ex assessore alla Cittadinanza Sociale di Palermo. Oggi fuori dalla politica attiva, quella delle poltrone. Ma sempre in campo per regalare una speranza ai senza dimora. I fatti di questi giorni – dall’offensiva di Orlando sul decreto sicurezza, alla replica piccata di Salvini, passando per il tifo da stadio generato da ambedue le posizioni – non l’ha lasciata indifferente. Come potrebbe. La Ciulla è una donna che si batte per i diritti degli ultimi. Non accetta che la violenza verbale generi quella fisica, che il popolo venga indottrinato con l’inganno, che si smarrisca il senso della comunità. E sembra aver individuato i motivi che hanno provocato questo imbarbarimento diffuso, nei toni e nelle azioni: “Credo ci sia un dato reale, legato alla difficoltà delle persone a trovare un progetto di sviluppo nelle nostre città e nel nostro Paese. Quando tu non hai consapevolezza e contezza di dove stai andando, il rischio è che ti fermi al quotidiano. “Meglio l’uovo oggi che una gallina domani”. La politica, secondo me, non sta tracciando un percorso in cui le persone si sentono coinvolte e partecipi”.

Eppure governano due forze populiste…

“Tanto è forte la propaganda, tanto non si riesce a intercettare un percorso di adeguata partecipazione”.

Cosa subentra quando manca la partecipazione?

“La necessità di farsi ascoltare. Siamo troppo abituati a commentare e condividere. Ma quello che dovrebbe essere un percorso educativo e culturale, viene intaccato da chi vuole a tutti i costi dire la propria, spesso dietro una tastiera e nel modo più violento. Non esiste solo la violenza fatta di graffi e aggressioni, ma esiste anche quella verbale e psicologica. Quello che sta avvenendo in questa fase è lo sdoganamento di una violenza travestita da scherzo, da gioco”.

Un funzionario che dice “suca” a un ministro, un cittadino che urla “cornuto” a un sindaco. E’ a questo che si riferisce?

“Soprattutto per le nuove generazioni sta passando il concetto che si può aggredire verbalmente, che si può bullizzare. E nelle città si finisce per applicare questo concetto, e si colpiscono i bersagli più facili. Quello che è accaduto a Trieste lo trovo vergognoso: un rappresentante delle istituzioni che butta via le coperte di un senza tetto. Le istituzioni dovrebbero dare l’esempio. Non meravigliamoci, poi, se i ragazzini aggrediscono l’autista di un pullman o se un uomo si sente autorizzato a maltrattare la moglie”.

Ma la politica può rimediare, o anche solo attutire gli effetti di qualcosa che, più o meno direttamente, ha provocato?

“La responsabilità della politica è riportare alla riflessione e alla lucidità, di condannare gli atti di violenza”.

Ma se il primo partito italiano è nato da un “vaffa”, come fa la politica a impartire un messaggio di speranza?

“Storicamente i salvatori della patria non l’hanno mai salvata. Quindi non ci servono. La politica è fatta di città, di cittadini e di cittadinanza. La cittadinanza attiva è il tema da sviluppare. La responsabilità istituzionale è svilupparla. Non credo che la politica, intesa come partiti e come governi, possa “salvare” alcunché. Ma può favorire i processi di coinvolgimento dei cittadini e dare l’esempio. Tutti gli amministratori, a tutti i livelli, devono dare l’esempio. Le scelte di tanti sindaci di opporsi al decreto sicurezza non è un tentativo di tutelare i migranti, ma tutti i cittadini, italiani e non. La violenza si manifesta laddove non ci sono riferimenti chiari. La politica può creare condizioni di vita diverse”.

Succede?

“Oggi abbiamo governanti che lasciano in mare 49 persone. Non migranti, ma persone. E’ su questo che bisogna riguardarsi. Ma non è un tema dell’Europa e di Malta. La domanda è: siamo disponibili a riconoscere l’altro come persona?”.

Ormai, pur di denigrare l’avversario, si tirano in ballo padri e madri. E’ esemplare quanto accaduto con Renzi e Di Maio.

“E’ esattamente questo lo sdoganamento della violenza. Gli attacchi alla Boldrini, le fake news sui parenti dei politici o sui costi enormi delle istituzioni. In questi anni si è creato un movimento che intende colpire chi fa politica. Ma questi sono metodo propri della criminalità. E’ in atto un tentativo di mettere tutti gli uni contro gli altri, e questo non fa bene a nessuno. Oggi gli italiani vivono un disagio forte”.

Il rimedio è il coinvolgimento. E magari la riaffermazione dei diritti?

“Più i diritti sono condivisi, più sono di tutti. Appena li togli a qualcuno non è vero che ne beneficia qualcun altro. Quelli sono favori, non diritti”.

Al posto di Orlando, da donna delle istituzioni, avrebbe adottato un’altra forma di protesta? O la “disobbedienza civile” può essere giustificata?

“Il sindaco non disattende l’intero decreto, perché il decreto è complesso e abbraccia più ambiti. Ma chiede a un dirigente comunale di valutare quali azioni sia necessario intraprendere per il riconoscimento della residenza anagrafica a persone che ne hanno diritto. E, nelle more che questa verifica venga effettuata, di sospendere le residenze “in bilico”. E’ un atto politico, non solo amministrativo. Paradossalmente è un’azione a beneficio di tutta la comunità, perché sui diritti non si può tornare indietro”.

Ma la sua uscita ha creato un codone polemico e una sfida improduttiva col Ministro dell’Interno. Che – lo conosciamo tutti – non è tipo da darla vinta…

“Io non so quanto il decreto sia stato discusso nelle conferenze Stato-Regioni e quante delle richieste di rivederlo, da parte di sindaci e governatori, siano state accolte. Secondo me nessuna, dato che dalla prima all’ultima versione del testo non ci sono molte variazioni”.

Qual è il suo giudizio sul decreto sicurezza?

“E’ un decreto che genera insicurezza: già adesso, in tutta Italia, a tanti migranti è scaduto il permesso di soggiorno umanitario. Così sono usciti fuori dai circuiti dell’accoglienza e si trovano per strada. L’impatto per le città può essere pericoloso, per questo altri sindaci, a parte Orlando, hanno alzato il livello di guardia. Non per i migranti in sé, ma perché guardano alla comunità tutta. I senza dimora stanno aumentando e non sono solo italiani. Molti migranti sono entrati in un circuito buio e clandestino. Credo che valutare come fenomeni del genere rischiano di incidere sulla vita di tutti, è precisa responsabilità di un sindaco”.

Non le manca fare politica attiva? Le piacerebbe dare un contributo in una fase storica così incerta?

“Io ringrazio Orlando per avermi designata assessore, ma anche per non avermi riconfermata. In questo anno e mezzo ho girato l’Italia, conosciuto altre realtà e guardato la mia città non occhi diversi. Perché standoci dentro, alcune cose le vedi con gli occhiali e il filtro dell’amministratore. Non mi manca, perché continuo a fare politica, che è quella di tutti i giorni, con i senza dimora. Si può fare politica per coerenza, non è la poltrona che aiuta a lavorare meglio. A me è rimasta una grande esperienza amministrativa e politica, e di questo sono grata al sindaco. Ma credo che nemmeno Palermo abbia bisogno di salvatori della patria, ma di persone che remino verso lo stesso orizzonte”.