Saverio Romano non è affatto stupito dell’ingresso della Lega a Palazzo dei Normanni. D’altronde, come dice il leader del Cantiere Popolare, “facevano già parte della coalizione di Musumeci, erano presenti col simbolo, nella stessa lista di Fratelli d’Italia, e avevano eletto un deputato” (il fuoriuscito Rizzotto, che di recente è decaduto). Ma è innegabile che l’avvento del Carroccio, annunciato all’Ars dal ciclone Salvini, rischi di scompaginare gli assetti già fragili della maggioranza. Soprattutto quando sarà il momento del rimpasto, fin qui solo annunciato. A pagarne le conseguenze potrebbero essere i Popolari e Autonomisti, cioè la squadra di Saverio Romano e Raffaele Lombardo, che conta tre assessori a fronte di appena cinque deputati. L’ex ministro all’Agricoltura del governo Berlusconi, però, non si scompone: “Non mi piace alimentare il gossip, per cui evito di commentare. Mi pare una polemica stucchevole e infondata”.

Però c’è anche la matematica. Se entra la Lega, e magari Ora Sicilia, qualcuno dovrà cedere una casella. Potrebbe toccare a voi.

“Questa coalizione si regge sui partiti che hanno portato alla vittoria Nello Musumeci. Conosco bene il presidente della Regione e non ho nulla da eccepire sul rigore e sulla coerenza della sua azione di governo. Sono certo che andrà avanti rispettando gli impegni e gli accordi sottoscritti con i partiti della maggioranza al momento della sua elezione. Le altre voci lasciano il tempo che trovano”.

Quindi la Lega non rischia di depotenziare l’asse di questo centrodestra?

“Il fatto che oggi sia una forza attrattiva e che Musumeci, a due anni di legislatura e in occasione di una rivisitazione della giunta, dia loro spazio, lo trovo assolutamente naturale”.

Lei aveva detto che il travaso di parlamentari da una forza all’altra della coalizione avrebbe indebolito le politiche del governo.

“E lo confermo. Non sortisce l’effetto di allargare la maggioranza – quelli sono e quelli rimangono – ma determina un cambiamento degli equilibri, che potrebbe ripresentarsi ogni settimana e in funzione della forza che si rivelerà più attrattiva. E questo non mi pare sia un bene”.

Lei ha chiesto un tagliando al governo. Cosa vuol dire? C’entra qualcosa con il rimpasto?

“Le politiche camminano sulle gambe degli uomini, ma al momento mi fermerei allo stadio iniziale: cioè le politiche. Questo è un momento in cui occorre riconsiderare alcune scelte, farne di nuove, vedere con quale aderenza il programma di governo è stato realizzato, e su quello prendere delle decisioni che appartengono a tutta la coalizione, dato che si tratta di scelte strategiche per la Sicilia”.

Lei ha già denunciato in passato lo scarso coinvolgimento dei partiti nell’azione di governo. A quanto pare il malessere non è sparito.

“Vede, la questione è rimasta in sordina perché Musumeci – correttamente – vuole prima realizzare il programma elettorale che tutti abbiamo sottoscritto. Però, se nel corso dei mesi, questo programma ha trovato qualche limite o inceppatura, ritengo sia utile valutarne insieme le ragioni. Analizzare qual è la prospettiva e quale la strategia. Le faccio un paio di esempi: è ovvio che se siamo arrivati all’esercizio provvisorio, e mancano circa 700 milioni per chiudere il bilancio, qualche problema c’è e va approfondito. E’ ovvio che se la riforma dei rifiuti non è stata approvata, qualcosa è andato storto. Stiamo parlando di due politiche che attengono i conti pubblici e i servizi. E potremmo citarne tante altre, ma preferisco riservarle a un dibattito interno nel momento in cui dovesse svolgersi”.

Il centro è uscito ringalluzzito dal voto in Calabria. Che indicazione è arrivata dall’elezione di Jole Santelli?

“Che c’è un’Italia divisa in due. In Emilia Romagna viene fuori un Paese polarizzato: da un lato c’è la Lega, dall’altro il Pd, seppur in vigenza di un sistema proporzionale. E poi, invece, c’è un’altra Italia che fa emergere la centralità di alcuni soggetti politici che io chiamo moderati. Ma, al di là della Calabria, le faccio un esempio più vicino a noi. In Sicilia, all’apice della sua espressione politica, la Lega non è riuscita ad andare oltre il 20%, mentre Forza Italia, con la mia candidatura e con quella dell’Udc, più o meno si è dimostrata alla pari. E’ storia recente, delle ultime Europee”.

A proposito di Altra Italia. Lei aveva annunciato l’adesione al nuovo progetto politico di Berlusconi. Che fine ha fatto?

“Resto convinto della bontà dell’idea avanzata da Silvio Berlusconi. Ma sono anche deluso perché molti dirigenti di Forza Italia, pensando di dover difendere il fortino, hanno impedito che questa iniziativa si sviluppasse. E così sono diventati residuali nello scenario politico nazionale… Questo la dice lunga sulle difficoltà che ci sono oggi nel ricomporre il centro, ma allo stesso tempo dimostra che quando si sta tutti insieme, il centro riesce ad avere apprezzamenti elettorali. Come è avvenuto in Sicilia, dove siamo stati bravi a far convergere in una sola lista diverse espressioni politiche”.

La Sicilia ha due grosse emergenze: il lavoro e le infrastrutture. Come può incidere il governo della Regione?

“Nel momento in cui c’è un governo centrale che è sordo rispetto al tema del riequilibrio, e anzi adotta politiche svilenti come il reddito di cittadinanza, io metterei in campo altre misure. Ad esempio, dotare di un assegno le casalinghe, rafforzando così il principio della famiglia. Non possiamo permettere che le casalinghe si sentano cittadine di Serie B: svolgono un’attività che non è solo di affectio familiaris, ma anche di supporto sociale, quello a cui lo Stato non arriva. Parlo dell’assistenza ai disabili, agli anziani ecc… Dar loro uno “stipendio” sarebbe un esempio di giustizia sociale. Così come sarebbe utile assegnare una borsa agli studenti meritevoli e bisognosi, che anziché volare fuori dalla Sicilia, potrebbero rimanere nell’Isola e fare attività di ricerca finché non si inseriscono nel mercato del lavoro. Lo stesso principio vale per le piccole e medie imprese: su questo il governo regionale si è mosso perché il Fondo Sicilia presso l’Irfis sta svolgendo una missione di supporto alle imprese giovanili e alle startup innovative: bisogna andare avanti in questa direzione”.

Le infrastrutture, invece, da alcuni mesi sono ripiombate nel caos.

“Anche questo è un tema che va affrontato in maniera decisa, perché dal nodo delle infrastrutture – materiali e immateriali – passa il destino della Sicilia e dei siciliani. Non parlo solo di porti, aeroporti, strade e ferrovie, ma anche di infrastrutture digitali. La nostra è un’Isola cablata e ci sono parecchie risorse da investire nel digitale. Mi riferisco a quella rete di servizi che dovrebbe sostenere le iniziative dei giovani imprenditori e le politiche in favore della famiglia. Abbiamo bisogno di un “tagliando” non per spartirci qualche poltroncina, ma per parlare di politica e rilanciare l’iniziativa sul territorio”.

Si può parlare di politica e stringere compromessi anche con forze esterne rispetto all’attuale maggioranza? Nel Movimento 5 Stelle in tanti si sono dichiarati “responsabili”.

“Se mettiamo sul piatto le riforme, ossia leggi di architettura istituzionale, non si possono non condividere anche con le opposizioni. E’ diverso, invece, quando si parla di obiettivi che la maggioranza deve raggiungere. Ci siamo candidati con un programma alternativo a quello delle altre forze politiche. Se altri dovessero condividerlo, sono liberi di votarlo. Ma è un passaggio che attiene alla dialettica parlamentare”.