Il battaglione di Fratelli d’Italia è pronto a prendersi anche Catania. E’ bastata la doppia affermazione nel Lazio e in Lombardia a rilanciare le ambizioni, mai sopite, del gruppo dirigente patriota. Che sembra aver già dimenticato lo scandalo Cannes, l’aspra lite fra il governatore Schifani e il vicecapogruppo alla Camera Manlio Messina, e lo scambio di deleghe fra gli assessori Amata e Scarpinato, inutile penitenza che non cancella le aree grigie di una vicenda archiviata con estrema fatica ma altrettanta disinvoltura. La revoca in autotutela di Schifani, che ha fatto cadere l’affidamento diretto nei confronti della Absolute Blue (e fatto perdere 3,7 milioni) per realizzare la seconda edizione della mostra fotografica sulla Croisette, sembra aver regolato i conti col passato.

Ma è così solo in parte: resta in sospeso l’attribuzione di responsabilità fra la politica e la burocrazia; fra un governatore caduto dal pero e un partito che negli ultimi cinque anni e mezzo ha gestito in maniera audace un enorme portafogli, con particolare attenzione alla pubblicità e al marketing. Ma per ripulire la propria immagine dalle opacità, evitando che il mondo finisse a Cannes, e che le commistioni con una società del Lussemburgo pesassero come un macigno sul proseguo dell’attività di governo, Schifani ha pensato bene di dar retta a La Russa e Lollobrigida. Così alla BIT di Milano, la Borsa Internazionale del Turismo, si è presentato in compagnia dell’assessora Amata. La prescelta. La donna cui spetta l’ingrato compito di far dimenticare le turbolenze, derubricando l’investimento da quasi 6 milioni in due anni – per organizzare le iniziative all’Hotel Majestic – a mero incidente di percorso, e piuttosto esaltando la funzione di Fratelli d’Italia nella valorizzazione del brand Sicilia.

L’esordio di Amata a Milano è stato da antologia. Da libro dei sogni. Il nuovo assessore ha raccolto numeri da favola: nelle strutture ricettive siciliane, a fine 2022, si sono contati oltre 4 milioni 858 mila arrivi (+56% rispetto al 2021) e 14 milioni 700 mila presenze complessive di cui circa 6,4 milioni straniere (pari al 43,5% del totale). Il dato sulle presenze complessive segna una crescita di circa il 51,7%, rispetto a quello dello stesso periodo del 2021, quota che, nel caso degli stranieri risulta superiore al 136%. Ma c’è anche un altro aspetto legato alla permanenza media nell’Isola: più di tre giorni, grazie – questo è il messaggio – alla possibilità offerta dalla Regione, che pagava ai turisti una notte ogni tre trascorse sull’Isola. L’iniziativa, costata 75 milioni, rientra all’interno del pacchetto See Sicily, voluto dall’ex assessore Manlio Messina (presente anche lui a Milano, come testimoniato dai social).

Ed sulla scia del Turismo e del dominio elettorale, che i Giorgia-boys vorrebbero ipotecare l’espressione del prossimo candidato a sindaco di Catania. Non bastasse Salvo Pogliese, reduce da un tormentato tira e molla a causa delle sue vicende giudiziarie (a cui sono seguite le dimissioni per candidarsi al Senato), i patrioti vorrebbero tornare sulla poltrona più ambita di Palazzo degli Elefanti. Come, non importa. L’ultima suggestione si chiama Ruggero Razza, che ha utilizzato la sponda del Turismo, per tornare in vista: “In Sicilia nel 2022 cresciute del 136% le presenze turistiche – ha scritto sui social l’ex assessore alla Salute, taggando fra gli altri Manlio Messina -. Un risultato grandioso, per il quale c’è stato un lavoro enorme di promozione, di immagine pubblicitaria, di organizzazione della filiera. In Italia e nel mondo. Non sarebbe male riconoscerlo e dire con chiarezza che si è lavorato molto bene. E che così si continuerà”.

La continuità invocata da Razza nell’ultimo congresso pre-elettorale a Catania, in tema di sanità, potrebbe tornare utile alle prossime Amministrative, in tema di scelte. Bisognerà convincere Raffaele Lombardo, che non fa mistero di voler esprimere un nome, e la Lega: Salvini ha già dato la sua parola a Valeria Sudano, compagna dell’attuale vicepresidente della Regione, Luca Sammartino. Ma Fratelli d’Italia potrà giocarsi le sue carte. Una in primis: nonostante i risultati stratosferici delle ultime tornate elettorali, non amministra nessuna delle prime dieci città italiane. Poi ci sono un altro paio di scenari che un larussiano doc come il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, esplicitava in un’intervista a ‘La Sicilia’ qualche settimana fa. Ad esempio la necessità/possibilità di “una compensazione rispetto alla rinuncia alla ricandidatura di Musumeci” (clausola che si ritiene non ancora esercitata), pur tenendo in considerazione l’eventualità di “un ragionamento complessivo sui 17 comuni al voto nel 2023 nel Catanese, fra cui alcuni centri importanti, o magari su tutte le altre grandi città siciliane alle urne. In ognuno di questi scenari – avvertiva però Galvagno – ci sono dei punti fermi: noi siamo il primo partito in Italia, in Sicilia e a Catania”.

Ciò che il presidente dell’Assemblea non sottolinea abbastanza è che anche Schifani, in teoria un esponente di Forza Italia, è stato scelto dal suo padrino politico: Ignazio La Russa. Lo stesso che ha ‘imposto’ con la complicità di Lollobrigida i nomi di un paio di assessori fuori sacco (Pagana e Scarpinato, che non erano deputati all’Ars); e, successivamente, ha calato l’asso della ‘non belligeranza’ per convincere il governatore a tenersi Scarpinato dopo le polemiche su Cannes. Fratelli d’Italia in Sicilia ha recitato la parte del leone, e deciso abbastanza, ma negli ultimi giorni – dopo averci litigato – è riuscito a rinsaldare i rapporti con Schifani. Vanno d’amore e d’accordo persino sul Festival di Sanremo, definito una kermesse “inguardabile” e una “tribuna politica indecente” da parte del presidente della Regione, che si è accodato a chi chiedeva la rimozione dei vertici Rai dopo le manifestazioni saffiche in prima serata. Roba che neanche Berlusconi. Anzi, proprio dal Cav. è arrivato un invito a evitare le censure.

I pianeti sembrano essersi riallineati. Sia FdI che Schifani hanno contestato l’aumento delle indennità dei parlamentari, e dal governatore – immemore delle critiche feroci di Manlio Messina al suo cospetto – è arrivato un plauso indiretto per la gestione del Turismo: “Le strategie di promozione turistica della Regione Siciliana continueranno a mettere al centro delle nostre azioni l’immenso patrimonio storico e culturale del territorio”, ha detto. Segno che qualcuno l’ha già fatto. Ecco che d’un tratto, grazie a Sanremo, alla Bit, al Lazio e alla Lombardia, le gerarchie si sono ristabilite. I più forti comandano, gli altri si accodano. Bere o affogare.

Sulla figuraccia di Cannes siamo ben oltre i titoli di coda: eppure nessuno ha appurato se l’affidamento al signor Nassogne (che poi ha ripiegato sul sultano dell’Oman) fosse colpa dell’assessore pro-tempore o della prevaricazione degli uffici, o di chissà chi; sul Sicilia Jazz Festival e sulle Celebrazioni belliniane siamo fermi a un’interrogazione senza risposta; e le indagini per far luce sulla gestione dei fondi del turismo, avviate da tre distinte procure, è come se non esistessero. La Sicilia continua a brillare di luce propria, ma è comodo dire che se a Catania arrivano 10 milioni di passeggeri, e a Palermo 7, è merito loro. Di Fratelli d’Italia. O che se la serie ‘The White Lotus’ spopola negli Stati Uniti, pur non avendo ricevuto un euro di sovvenzione da parte della Regione, è comunque merito loro. Dei patrioti. La narrazione di un successo val bene un sindaco. E allora, si accomodino pure.