“Il fenomeno del lavoro nero nel Meridione è in una percentuale elevatissima rispetto ad altre parti d’Italia, lo sanno tutti ma in modo ipocrita non se ne tiene conto. Tutti e sette i percettori del reddito di cittadinanza a cui ho fatto il colloquio erano disponibili a venire a lavorare a casa mia in nero”. Lo ha detto il sindaco di Messina, Cateno De Luca, intervenendo alla trasmissione di La7, “L’aria che tira”. De Luca ha spiegato che le prime interviste per trovare una badante al padre in carrozzella sono andate a vuote: “Ho proposto una paga di 900-1.000 euro più i contributi. Mi hanno spiegato che ne preferiscono 600 rimanendo a casa”.

Ma sulla misura dai Cinque Stelle si continua a discutere. La Sicilia, con oltre 700 mila percettori, vanta la seconda platea assoluta dopo la Campania. Un dato che fa tuonare Santo Cutrone, presidente dell’Ance, associazione costruttori: “Siciliani refrattari allo sviluppo, attaccati al Reddito di cittadinanza, mentre le imprese che hanno il lavoro sono ridotte con i mezzi di cantiere fermi perché non si trovano conduttori specializzati; giovani che seguono l’esempio di questi adulti e non scommettono sulle proprie capacità con “Resto al Sud” e con i concorsi banditi per sfruttare le risorse del ‘Pnrr’, mentre tanti validi talenti sono costretti a emigrare. A tutti questi e ai territori dell’Isola l’Ance Sicilia dice: Sveglia! Il Reddito di cittadinanza non durerà in eterno, basta col tendere la mano aspettando che qualcuno eroghi sussidi mascherati da lavoro. L’assistenzialismo da subito sembra comodo, ma alla lunga desertifica la nostra terra”.

Intanto, il Comitato Scientifico per la valutazione del Rdc presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno ha dato l’ok a due proposte di modifica. La prima riguarda le ipotesi di perdita dei soldi. Che arriverà se i beneficiari non accettano un lavoro che dura anche solo tre mesi. La seconda offerta di lavoro “congrua” non dovrebbe quindi essere più soggetta a limiti (non vale più la distanza da casa). Ok anche al taglio di cinque euro ogni mese in caso di rigetto di offerta di impiego. La soglia massima del taglio rimane a 300 euro mensili.