“Noto con dispiacere che ci sono una ventina di posti letto di terapia intensiva in meno e 220 posti letto ordinari in meno di quelli che ipotizzavamo. Spero che ci sia qualche errore di caricamento su Cross (una delle piattaforme della Protezione civile, ndr) da parte di qualcuno, che vi invito a correggere immediatamente”. Questo è Mario La Rocca, dirigente generale del Dipartimento Programmazione strategica dell’assessorato alla Salute della Regione siciliana. Che, poche ore prima del nuovo Dpcm che suddivide l’Italia in zone gialla, rossa e arancione, lancia un avvertimento nella chat di gruppo coi manager delle Asp. L’audio è stato pubblicato dal quotidiano ‘La Sicilia’. E’ il 4 novembre. Il primo messaggio vocale è delle 9.30: “Stasera c’è la valutazione sulla zona rossa – incalza La Rocca -. E da alcuni rumors sembrerebbe che la Sicilia abbia perso la posizione di zona verde e venga classificata come arancione. Non credo che sia utile, o bello, o conveniente, perdere una situazione comunque di sicurezza anche economica perché qualcuno ha sbagliato a caricare su Cross i propri posti letto”. Solo un manager risponde all’invito del superburocrate, mostrando il pollice alto.

Così nel giro di un’ora La Rocca torna alla carica. Questa volta mostrando i muscoli: “Oggi su Cross dev’essere calato tutto il primo step al 15 novembre. Non sento cazzi, perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto di terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede”. In realtà il monitoraggio di cui avrebbe tenuto conto il Ministero per assegnarci l’arancione, risaliva alla settimana del 19-25 ottobre. Ma basta questo stralcio di chat per rafforzare le tesi di alcuni sindacati, secondo i quali “i dati forniti ai media dall’assessorato danno una fotografia delle terapie intensiva in Sicilia che stride con la realtà che si registra sul campo. I dati non sono reali, ci sono 210 posti in meno degli 817 sbandierati dalla Regione”. Secondo il vicesegretario del Cimo, Angelo Collodoro, “sarebbe interessante sapere dall’Assessorato con quali medici rianimatori e con quali infermieri pensano di fare funzionare questi posti letto “programmati” ma non attivi”.