Quello che prima veniva chiamato “contratto” ora diventa “inciucio”. E ciò che prima assumeva la dimensione eroica di “governo del cambiamento” ora è solo torbida “ambiguità”. E viceversa. Le parole, diceva Prezzolini, sono fra i nostri nemici, perché ci tradiscono come ambasciatori e ci ingannano come interpreti. In pratica sono al servizio di chi voglia usarle. E spesso congiurano con l’azione, ai danni dell’intendimento. Così, come tutti sanno, l’altro giorno Matteo Salvini si è scandalizzato perché Silvio Berlusconi, a quanto pare, era forse intenzionato a fare adesso quello che il segretario della Lega aveva invece fatto prima: stringere cioè la mano dei Cinque stelle, chissà, giocare anche a governare con loro, finire col dire che “ormai sento Di Maio più di mia mamma”. Accadeva appena due anni fa, quando Salvini si candidava leader della coalizione di centrodestra ma poi subito dopo la spaccava per formare un governo con gli avversari. “Inciucio” o “atto di responsabilità”? Dipende. Continua su ilfoglio.it