Stavolta non sarà merito di Falcone, che ha conquistato la medaglietta per la Finanziaria approvata senza passare dall’esercizio provvisorio; ma nemmeno di Giovanna Volo, assessore alla Salute sparita dai radar: Renato Schifani s’è impuntato che entro il 31 gennaio va chiuso un altro cassetto di questa legislatura senza squilli. E cioè la nomina dei manager della sanità. A due settimane dalla scadenza della seconda proroga dei commissari, però, siamo ancora in alto mare.

Come nell’autunno scorso (quando poi vennero totalmente disattesi), arrivano dei segnali tangibili: non tanto sul piano della politica – il Manuale Cencelli sarà rispolverato in un vertice di maggioranza – bensì da alcuni atti di natura amministrativa. Come una circolare di qualche giorno fa, recante la firma di Salvatore Iacolino (dirigente alla Pianificazione strategica), che sembra chiudere una volta per tutte la stagione dei commissari. Nel ribadire la sospensione temporanea delle procedure di reclutamento di personale e di assegnazione degli incarichi di struttura complessa, Iacolino specifica che “considerato l’approssimarsi della scadenza delle odierne gestioni commissariali e nelle more della definizione delle procedure di individuazione dei nuovi Direttori generali delle Aziende sanitarie, le SS.LL. potranno adottare esclusivamente quegli atti che, rientranti nella gestione dell’ordinaria amministrazione, siano connotati dei caratteri della indifferibilità e dell’urgenza”.

Va fatto solo lo stretto necessario finché la politica non deciderà i prossimi vertici. In palio 18 posti, anche se alcuni partiti vorrebbero inserire nel computo la Fondazione Giglio di Cefalù (attualmente diretto dal fratello dell’assessora Nuccia Albano, in quota Dc) e l’Istituto Zootecnico sperimentale. Una ventina di poltrone su cui, ad ottobre 2023, l’accordo saltò clamorosamente nonostante gli annunci del governo, messi nero su bianco da alcune note stampa. Il rinvio fu giustificato dal mancato aggiornamento degli elenchi dei direttori sanitari e amministrativi, che vanno a comporre la governance assieme ai dg. In assenza di quei nomi, fu la giustificazione addotta da Schifani, “i manager nominati avrebbero dovuto attingere ad albi vecchi e non aggiornati per scegliere direttori sanitari e amministrativi. Un fatto oggettivo che nessuno può contestare”. Adesso quell’alibi è venuto meno: nella settimana appena trascorsa, infatti, si sono conclusi i colloqui e gli elenchi saranno aggiornati nel giro di pochi giorni. Insomma: la politica non può, o non potrebbe, più tirarsi indietro.

Anche se i calcoli non saranno così scontati. Al netto delle rivendicazioni dei singoli partiti (Fratelli d’Italia avanza la pretesa di 7 manager, con Forza Italia a 6 e l’asse Lega-Mpa a 5), sul piatto dovranno finire altre scelte. Come, ad esempio, la prospettiva del voto delle provinciali, che agita i sogni del centrodestra. Qualche giorno fa la Democrazia Cristiana ha consegnato il testo della riforma (che rimane comunque sub-judice a causa della mancata abrogazione della Legge Delrio a livello nazionale) agli uffici dell’Assemblea regionale, auspicando che “quanto prima venga approvato dall’Aula in maniera tale che i cittadini possano recarsi alle urne il più presto possibile e tornare a votare i rappresentanti delle Province”. La definizione dello scacchiere è un elemento probante per la composizione del sottogoverno e di tutti gli incastri che serviranno a tenere in vita il governo Schifani a cavallo delle Europee, cioè il vero snodo per stabilire i rapporti di forza all’interno della coalizione.

Nel giochino delle compensazioni, un presidente della provincia potrebbe valere un paio di manager, forse due e mezzo. E se è vero che la politica su molte questioni è manchevole, sulla matematica è inappuntabile. Alla luce di questi scenari, sarebbe comodo prorogare le decisioni di un altro mesetto: peccato che la sanità non possa più aspettare. Il nuovo nomenclatore tariffario per il rimborso delle prestazioni alle strutture convenzionate col Sistema sanitario, è stato prorogato al primo aprile, ma ad esempio i Pronto soccorso continuano ad essere un teatro di guerra. Inoltre, per fare spazio ai malati Covid e contrastare il picco delle influenze stagionali, l’assessorato ha disposto il blocco dei ricoveri in elezione (cioè quelli ordinari) qualora il sovraffollamento dei Pronto soccorso superi il 300 per cento. C’è molto da fare, e anche subito, per non depauperare un patrimonio sempre più scarno, specie a livello di personale. C’è una pianificazione da portare avanti e, considerato che non spetta ai commissari farlo, le nomine si rendono più che mai necessarie. Non domani, ma adesso.

Per Schifani è una clamorosa opportunità di pareggiare i conti col “rivale” Falcone, dimostrando di essere riuscito anche lui (al terzo tentativo) a rispettare le scadenze. Ma dall’altra parte c’è un’altra questione da risolvere, che non riguarda i nomi – gli attuali commissari sono tutti in uscita, o comunque destinati a cambiare Azienda – ma il metodo: da quale elenco pescare i direttori generali? Da quello dei 47 “maggiormente idonei” o, come pretendono gli Autonomisti di Lombardo, da quello di tutti gli “idonei” che ne contempla poco meno di una novantina? O magari, come suggeriva Cuffaro, è meglio affidarsi al sorteggio?

Che la politica riesca a risolvere questi rebus nell’arco di due settimane appare inverosimile (anche perché, alla luce delle polemiche del passato, le decisioni non potranno maturare in un “retrobottega”). Ecco che l’ipotesi di un’altra proroghina per gli attuali commissari, di un mese al massimo, non appare così strampalata. Certo, Schifani dovrà inventarsi un’altra scusa: magari richiamare le fatiche della Finanziaria, che hanno costretto Sala d’Ercole a una maratona e i deputati ad allungare le ferie; o le liti con Roma per lo spegnimento degli incendi, che ha obbligato la Regione a una rapida ricognizione dei comuni inadempienti, da completarsi il 19 gennaio… Insomma, qualcosa che possa giustificare l’ennesimo ritardo. A raschiare il fondo del barile, un’idea si trova.