Sinceramente non ricordo se l’ultimo decreto della giunta guidata da Nello Musumeci sia stato il finanziamento di tremila euro per le divise della banda di Monreale o la nomina del Comitato regionale per la Comunicazione, meglio conosciuto come Corecom. Stiamo parlando di provvedimenti strutturali, di decisioni che incideranno pesantemente nel futuro sociale, economico e politico della Sicilia. Basta pensare che il governatore e i fidatissimi del suo cerchio magico hanno accantonato questioni come il pagamento delle somme dovute da anni a costruttori, imprenditori e convenzionati esterni della sanità – tutti con l’acqua alla gola per via di una crisi senza precedenti – pur di impupare come si deve i musicanti di Monreale e pur di dare una guida di saggezza e competenza a un ente del quale si parla una volta ogni cinque anni: quando, in presenza di una campagna elettorale, dovrebbe controllare la par condicio dei mezzi di comunicazione. Quest’anno – forse per via del fatto che si è andati alle elezioni anticipate –  l’appuntamento è saltato perché il consiglio era scaduto. Ma nessuno si è strappato le vesti: segno che il Corecom oltre a essere ignoto è anche soprattutto un ente inutile, buono per pagare uno stipendiuccio a cinque amici di buona volontà e, va da sé, con la schiena dritta.

Eppure gli zelanti assessori che circondavano Musumeci – assessori che dicono di vivere la politica come missione e non come rancore – hanno affrontato un serrato dibattito prima di deliberare. La designazione dei futuri membri del Corecom era stata fatta dal presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, dopo un’ampia consultazione dei partiti presenti a Sala d’Ercole. Una consultazione proficua, tanto che ciascuno dei gruppi parlamentari aveva indicato i propri membri. Miccichè aveva anche raggiunto un’intesa, con i rappresentanti delle forze politiche, sul nome del presidente: Andrea Peria, imprenditore dello spettacolo. Ma le vecchie volpi della giunta, sedute in un interno attorno a Musumeci, prima di trasformare l’indicazione dell’Ars in una delibera hanno voluto sviscerare la questione con la stessa acribia e con la stessa meticolosità di un affare di stato: se avessero dedicato lo stesso tempo e lo stesso impegno ai bilanci farlocchi dell’assessore Armao oggi non ci sarebbero i costruttori dell’Ance che minacciano di denunciare alla procura, per il mancato pagamento delle loro fatture, dirigenti e funzionari dei dipartimenti ancora inadempienti.

Ma tant’è. Nessuno dei membri della giunta ha rinunciato a dire la sua sul Corecom. La puntuale e puntigliosa cronaca scritta da Mario Barresi per La Sicilia lascia a bocca aperta. L’apertura delle danze è toccata, manco a dirlo, a Ruggero Razza, l’imperatore della Sanità che non ha mai digerito l’affronto di essere stato defenestrato. “Ma perché dobbiamo fare questo favore a Miccichè?”, ha esordito. Miccichè, come si ricorderà, è stato quello che ha spinto al calore bianco la contestazione sui criteri e i metodi con i quali Razza ha gestito la sanità. E l’imperatore ha tentato di rivalersi sul Corecom e in particolare su Peria, il presidente designato appunto da Miccichè.

Ma il colpo d’ala – non del “suca”, com’è suo costume – è arrivato da Manlio Messina, il Balilla senza titoli e senza voti piazzato da Francesco Lollobrigida, il potente cognato della Meloni, all’assessorato del Turismo per spendere e spandere e sistemare nel sottogoverno siciliano i paracadutati da Giorgia, come Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra: mamma comanda e picciotto va e fa. Defenestrato pure lui da quella fabbrica opaca di amicizie e clientele che è il Turismo, ha proposto con gli occhi arrossati dal risentimento “di ritirare la delibera in autotutela”. Una manganellata sugli stinchi a Miccichè. Ma la genialata, e non poteva essere diversamente, è arrivata dal terzo uomo del cerchio magico: da Gaetano Armao, l’uomo che indossa contemporaneamente due casacche: di notte si veste da assessore del centrodestra e di giorno si traveste da candidato del terzo polo. La sera del Corecom ha indossato comunque la toga dell’azzeccagarbugli. Ed essendo pure lui in rotta con Forza Italia, il partito che per vent’anni lo ha fatto ricco e potente, ha sollevato una questione procedurale talmente attorcigliata che alla fine Musumeci, sfinito dalla stanchezza e dai ghirigori, ha dato via libera alla delibera pur segnando a verbale il voto contrario dei suoi tre moschettieri, rabbiosi perché disarcionati.

Il Comitato regionale per le comunicazioni così è entrato finalmente nel pieno delle sue funzioni. Il presidente Peria, dopo giorni di titubanze e ponderate riflessioni, ha sciolto la riserva e ha accettato l’incarico. Non gli resta che collegarsi con l’Ordine dei giornalisti e l’Associazione della stampa. E l’informazione vivrà finalmente il suo Rinascimento siciliano. Spariranno di colpo velinari e pagnottisti, truffaldi e leccaculisti. E tutti nei giornali vivranno felici e contenti.