E’ tornato sulla panchina del Palermo da giusto un mesetto, ma la sua impronta è già visibile: Roberto Stellone è il vero protagonista, con il suo carisma e le sue direttive fuori dal rettangolo verde, del momento positivo dei rosanero che, con lui al timone, hanno vinto 3 delle ultime 4 partite in campionato (l’ultima a Carpi). E ne hanno pareggiata solo una, venerdì scorso, in casa contro il Venezia al 90’. Un ruolino di marcia di tutto rispetto, che ha portato il Palermo al secondo posto in classifica, con un punto e una gara in meno della capolista Pescara.

Quella iniziata come la stagione dei dubbi, culminata con il mancato passaggio di proprietà fra Zamparini e Follieri, si affaccia all’orizzonte come una possibile sorpresa. Chissà che la Serie A, dopo il feroce corteggiamento dello scorso anno – culminato con la sconfitta nella finale playoff contro il Frosinone – non torni davvero di moda. E chi, meglio di Stellone, potrebbe risultare l’artefice del miracolo? L’ex tecnico di Frosinone (che caso!) e Bari ha guidato il Palermo nell’ultima parte dello scorso campionato e sembra aver trovato coi calciatori un feeling raro. Poi, dopo la disfatta dello Stirpe, su cui per mesi si è mossa la Procura Federale – gridano vendetta quei palloni gettati in campo dalla panchina avversaria e un tempo di recupero striminzito – decise di fare le valigie perché i suoi piani, quelli dell’allenatore, cozzavano pesantemente con quelli di Zamparini, il patron.

L’allontanamento, qualche rammarico. Ma tutto rientra a settembre, con Tedino (a sua volta richiamato e stipendiato dal Zampa) che trova a viale del Fante il secondo “foglio di via” e spalanca le porte a Stellone. Di nuovo. Era stato un buonissimo attaccante Roberto, anche se sul palcoscenico prediletto – Napoli – aveva quasi sempre annaspato al ruolo di gustosa riserva. Ma da allenatore sembra godere di una considerazione importante. Più dei propri giocatori che non della società. Ma tant’è. La sua capacità di cambiare interpreti, e ottenere i medesimi risultati, dimostra caparbietà e maneggevolezza, idee e carattere. Meglio che un direttore d’orchestra. Non teme le sfide, si fida degli uomini. E vince. Che al momento al “Barbera” è tutt’altro che scontato. Il Palermo ha un baluardo di resistenza a cui aggrapparsi: è il tecnico dei miracoli (fin qui sfiorati). La missione più ambiziosa è riconquistare il pubblico e riportarlo allo stadio. C’è tempo.