“In realtà, quando mi misi per la prima volta all’opera non pensai direttamente al meccanismo del giallo: volevo solo raccontare una storia d’amore, di riscatto e a un certo punto di omicidi, ambientata nella mia terra”. Quella storia si chiama “La profezia degli incappucciati”. Lui, invece, è Roberto Mistretta, un giornalista pubblicista classe ’63. Da oggi lo scrittore di Mussomeli vincitore del premio “Alberto Tedeschi”, il maggior riconoscimento dei romanzi gialli. Da luglio il suo libro, con una tiratura di 36mile copie, sarà nelle edicole di tutta Italia: “Solo a pensare a quel numero mi viene il capogiro. Sarebbe troppo banale ammettere che ho provato una soddisfazione enorme” racconta oggi a Repubblica.

Mistretta ha ricevuto la chiamata direttamente da Franco Forte, il direttore de “Il giallo Mondadori”, figura e marchio fondamentale in Italia per quel che riguarda la letteratura di genere. Il Tedeschi sta ai giallisti come lo Strega ai letterati. Mistretta, laureato in giornalismo, non è alla sua prima fatica. Ha già collezionato un discreto numero di saggi, racconti e soprattutto romanzi. Ma non si aspettava che l’ultimo lavoro ottenesse un riconoscimento del genere. Il poliziesco, mischiato al paesaggio siciliano, è in grado di far la differenza. Il suo punto di riferimento è Leonardo Sciascia, con “Il giorno della civetta”: “Poi è arrivato Camilleri, che ha fatto da traino in maniera spaventosa”. E mentre si gode il successo, sta scrivendo il nuovo libro, la storia di don Fortunato di Noto. Ha già dedicato delle biografie al giudice Livatino e a padre Pino Puglisi. Ha scritto anche delle storie per ragazzi. E’ versatile, si rifà alla storia. La prossima potrebbe riguardare, o prendere spunto, dallo sbarco alleato in Sicilia.

Ma il suo genere preferito, che le connota al meglio, è quello del crimine. Dopo essersi occupato di cronaca in provincia, è quasi lo sbocco naturale di una carriera in crescendo: “Mi sono spesso sporcato le mani con la cronaca nera – racconta – occupandomi di casi a dir poco respingenti e indigesti. Un incesto, una storia di bambini abusati. Che un giornale non può ospitare. Così nasce l’esigenza di liberarsi di quelle storie in un genere diverso di scrittura. Il romanzo così assolve alla sua funzione catartica permettendoti di esplorare aspetti che la cronaca nera tiene fuori”. L’ambiente da cui muove tutto è la sua Mussomeli: “Non l’ho mai vissuta come una prigione, mai. Vivere in provincia è una scelta, io non posso rinunciare alle mie radici, all’humus di questi luoghi, pur se segnati dall’abbandono e dal degrado”.