La pace è durata un anno. Poi alla Foss, la fondazione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, è saltato il tappo. Ieri si sono dimessi tre membri su cinque del Cda: restano la presidente Maria Elena Volpes e il vicepresidente, nonché fedelissimo di Musumeci, Marco Intravaia. Sbattono la porta tutti gli altri. A partire da Giulio Pirrotta, indicato in quota Comune di Palermo: “In questo periodo di stand-by c’è stata una mancanza di strategia da parte della governance – sono le sue parole, consegnate a Repubblica – che non ha saputo valorizzare al meglio il patrimonio della Fondazione, cioè il personale e gli orchestrali in primis. L a gestione della Fondazione è complessa- ha aggiunto – e, fermo restando l’impegno finanziario della Regione e dell’Ars, richiede una visione strategica, una riorganizzazione, il consolidamento del risanamento dei conti, che la governance non sembra in grado di garantire”.

Alla base della rottura, quindi, ci sono le divergenze con il sovrintendente Antonio Marcellino, cioè colui che venne preferito a Ester Bonafede, l’ex assessore del governo Crocetta, che l’allora Cda guidato dall’avvocato Stefano Santoro decise di non nominare a causa di una incompatibilità. Questo precedente, che viaggia su altri binari rispetto all’attuale, restituisce l’immagine di una polveriera che solo dalla nomina della Volpes in qualità di presidente, proprio al posto di Santoro, sembrava superata. Lo stesso Santoro, in precedenza, si era dimesso dall’incarico a causa della lite con il Comune sulla gestione del Teatro Politeama: gli Amici della Musica, ritenuti insolventi nei confronti della Fondazione, erano stati fatti fuori da Santoro ma riammessi da Orlando. Un continuo patatrac.

Oggi le dimissioni in massa dei componenti del Cda. A salutare è stata anche Sonia Giacalone, che parla di “orientamenti e indirizzi divergenti sui temi fondamentali per la vita della Foss”; e l’avvocato Enrico Sanseverino, che invece si rifugia dietro motivazioni professionali. Si riparte da Volpes e Intravaia.