Quando finisce col mestiere di Gran cerimoniere, che lo porta spesso in giro a inaugurare opere, Renato Schifani attacca con l’altra specialità della casa: quella di indignato speciale. E’ per questo che ieri, al termine dell’inaugurazione del nuovo Pronto soccorso del Policlinico di Palermo (un plauso a Salvatore Iacolino, l’attuale commissario), il presidente della Regione è partito in quarta contro laboratori analisi e ambulatori privati convenzionati – una palese retromarcia rispetto alle dichiarazioni amorose di inizio legislatura – che qualche giorno fa si sono macchiati di un’onta incancellabile: aver protestato di fronte alla sede dell’assessorato di piazza Ottavio Ziino, invocando le dimissioni dell’assessore Giovanna Volo. I motivi, che avevano condotto a una serrata e costretto la Regione ad aumentare in extrabudget le prestazioni delle strutture pubbliche, appaiono chiari: le tariffe per l’erogazione dei servizi per conto del sistema sanitario regionale sono bloccate da sedici anni, e in extremis il governo ha pensato bene di ritagliare (ulteriormente) le previsioni di budget, garantendo una trentina di milioni in meno per il 2022 e 2023.

Una protesta contro il governo? Giammai. Schifani se l’è legata al dito. Ogni opposizione è un affronto. E, di fronte a un atto di lesa maestà, anziché irrobustire i canali del dialogo, ha schierato le truppe a difesa del fortino: “Non ci faremo certamente intimidire dalle proteste in piazza – ha ribadito ieri Schifani – Io sono comunque perché si rafforzi l’assistenza pubblica anche nel mondo delle analisi. Sono un liberale e credo nel privato, ma non posiamo assistere a un 70% di attività che viene svolta dal privato. Non dico sia un monopolio, ma il pubblico si deve attrezzare e migliorare”. Il presidente mostra i muscoli, non abbandona i propri soldati – la fiducia a Volo è stata confermata durante le ore del blitz – e anzi s’irrigidisce nei confronti di chi non condivide la sua azione politica e amministrativa. E’ un classico di questi primi mesi di legislatura. Ma rigettare ogni critica espone a un rischio serio: non trovarsi mai su nulla.

Sarà anche un fatto caratteriale, ma la reazione di Schifani di fronte ai ‘non allineati’ è quasi sempre scomposta. Ad esempio, in campagna elettorale l’allora candidato del centrodestra aveva annunciato di vigilare su Anas e Cas per l’indecenza di tutte le autostrade siciliane. Nel post, invece, s’è ricordato soltanto dell’A19, la Palermo-Catania, che in questi mesi ha attraversato più volte per fare la spola fra i due capoluoghi: “Ieri sono stato a Catania e devo dire che lo stato dell’autostrada Palermo-Catania è offensivo del buon senso dei siciliani, è identico al periodo della campagna elettorale. Ci sono mezze corsie”, tuonò Schifani alla vigilia di Capodanno, reduce da un tour de force fra cantieri e interruzioni.

Così il presidente si è accanito su Anas, dimenticando – forse – che sui tratti di viabilità regionale la situazione è anche peggio. Una settimana fa ha rispedito al mittente una relazione tecnica dell’Azienda di stato per abolire del 20 per cento i tempi di percorrenza sull’A19, perché ritenuta inadeguata alle esigenze della Sicilia. Qualche ora fa è tornato alla carica con la richiesta di un nuovo cronoprogramma, denunciando le anomalie che tutti conoscono. Schifani ha rilevato “un preoccupante stato di abbandono e di degrado che dimostra una grave incuria nella gestione della manutenzione dell’infrastruttura”. Nella missiva, diretta all’A.d. di Anas e, per conoscenza, anche al ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini, il governatore contesta anche la proposta di interventi fatta dalla società alla Regione che “appare, purtroppo, incerta e insufficiente almeno sotto il profilo della tempistica. Risulta improcrastinabile – ha aggiunto Schifani – l’adozione di ogni misura utile a effettuare e completare, nel più breve tempo possibile, tutti i lavori necessari a restituire sicurezza e decoro a questa arteria, così strategica per la viabilità regionale”.

Secondo un report redatto qualche giorno fa dagli uffici dell’assessorato regionale delle Infrastrutture sulla A19 al momento ci sono 45 interruzioni, “la quasi totalità delle quali senza nessun intervento in atto e senza operai”. I cantieri attivi sono appena una decina. Se la situazione non dovesse normalizzarsi, il governatore siciliano ha già fatto presente di rivolgersi a Salvini o al presidente del Consiglio, vantando una serie di rapporti interistituzionali che dovrebbero rappresentare la normalità. Magari utilizzasse lo stesso metro per tutte le questioni, a partire dagli accordi finanziari con lo Stato, come l’ultimo sottoscritto a dicembre, in cui la Sicilia ha dovuto rinunciare a qualsiasi tipo di compensazione in cambio di una “mancia” da 200 milioni.

Ma la sensibilità va e viene. Si nutre dell’umore, del livore, ma soprattutto della provenienza di certi attacchi subiti (e mal digeriti). Come nel caso dei privati convenzionati della sanità (ma se protestassero, come lecito, i precari Covid, quale sarebbe la reazione? Lasciarli tutti a casa?). Laboratori e ambulatori specialistici, dopo aver scalciato ed essere stati ignorati – o peggio: derisi – dovranno ragionare con l’assessore Volo: “Abbiamo predisposto un calendario di incontri per affrontare in maniera puntuale le esigenze di ogni disciplina e abbiamo individuato i soggetti che faranno parte dei singoli tavoli tecnici, affinché questi siano snelli e operativi – ha dichiarato l’assessore alla Salute proprio ieri -. Abbiamo già incontrato i rappresentanti dei laboratori di analisi e dei centri di fisiokinesiterapia, procederemo a stretto giro con tutte le altre discipline”.

L’altra battaglia senza quartiere di Schifani è contro il caro voli. Anche questa nasce da un’esperienza personale: il fatto di non aver trovato posto a bordo di un diretto Roma-Palermo a pochi giorni dalle vacanze di Natale. Il presidente fu costretto a imbarcarsi a Napoli e raggiungere la Sicilia via mare. Una soluzione che non ha mai digerito. Da quel momento è partito l’attacco a Ita e Ryanair, le compagnie ritenute responsabili della creazione di un “cartello” contro i siciliani: un’ipotesi sostenuta con una denuncia all’Antitrust e con l’introduzione di un terzo vettore, Aeroitalia, che nel futuro prossimo dovrebbe garantire un collegamento con continente a prezzi calmierati (fino a 150 euro). Ma il caro voli esiste a prescindere da Schifani. Accomuna la maggior parte dei siciliani, specie i fuorisede, che ogni anno – a Natale o Pasqua – sono costretti a dissanguarsi per rientrare a casa. Per appagare il proprio ego e dirsi, da soli, che si sta facendo il massimo per risolvere, è stato tenuto a battesimo persino l’osservatorio sul trasporto aereo: non è chiaro a cosa serva, tranne che a vigilare sui prezzi adottati dalle (cattive) compagnie.

C’è curiosità di capire se la ricetta è quella giusta. Se invocare continuamente un nemico, equivale ad abbatterlo. Oppure se questa strategia, adottata su più fronti, rappresenta soltanto la sublimazione di se stessi rispetto ai problemi di una terra che andrebbero affrontati in maniera sistemica. Con momenti di pacata riflessione e, al contempo, di necessaria risolutezza. E, se possibile, con qualche retromarcia in meno: se ne contano a valanga (a cominciare dalla giunta di soli deputati eletti, che venne snaturata per assecondare i desiderata di Fratelli d’Italia). Collegare le difficoltà della Sicilia all’appagamento del proprio ego sarebbe un segnale pessimo. Significherebbe non saper distinguere fra il ruolo rivestito in passato – di diplomazia e rappresentanza – e quello di adesso. Fra Palazzo Giustiniani e Palazzo d’Orleans. Significherebbe, forse, aver sbagliato mestiere.