Alla Regione è il tempo delle attese. Per approvare il bilancio, per ricomporre le fratture, per superare gli scandali. E, magari, per adottare le prime riforme, che all’indomani della campagna elettorale e delle urne sono (già) andate disperse. Il governo è rimasto impigliato nella lenza di Cannes e fatica a liberarsene. Schifani, che sperava di poter fare il generale, è stato tradito da uno dei suoi colonnelli (l’assessore al Turismo Francesco Scarpinato) e oggi volerà a Roma per evitare che la farsa si trasformi in tragedia: dopo le parole pronunciate dall’ex assessore Manlio Messina, che riveste il ruolo di vicecapogruppo alla Camera, lo strappo con Fratelli d’Italia sembrava lo scenario più insidioso, ma anche il più probabile. Il governatore, però, non può permettersi un salto nel vuoto, sa benissimo che Fratelli d’Italia è il partito di maggioranza relativa e che non tutti i patrioti (anzi!) condividono la linea estremista di Messina, arrivato a sfiduciare il presidente della Regione indicandolo come primo responsabile del cortocircuito dell’hotel Majestic e dei 3,7 milioni versati in Lussemburgo.

A quelle parole Schifani ha preferito non reagire. Ha consegnato il proprio disgusto al team dei fedelissimi, evitando un batti e ribatti che sarebbe risultato infausto per il proseguo di un’esperienza già malconcia. E lo stesso ha provato a fare Fratelli d’Italia: tutti muti fino a nuovo ordine. Messina ha parlato per sé. Rappresenta la falange del Turismo, quella del Ministro Lollobrigida, la stessa che ha decapitato le indicazioni di Schifani per la sua giunta, sconfessandolo una prima volta e facendolo passare per un Don Abbondio privo di coraggio. Ma non rappresenta tutti. E’ con l’anima moderata dei patrioti che il governatore cercherà una nuova intesa per venir fuori dall’imbarazzo, rappresentando il malcontento degli altri partiti della coalizione che sono arrivati a chiedere un vertice di maggioranza – l’ha dichiarato la DC di Cuffaro – “per ritrovare quell’unità indispensabile tra le diverse componenti del governo” e “poter continuare a lavorare sinergicamente al servizio dei siciliani”. Scarpinato, in tutto questo, ha scelto di non dimettersi, prolungando l’agonia dei rapporti (specie con Forza Italia).

In questo baillame, che diventa ancora più interessante a seguito della visita di venerdì scorso di Salvini a Palazzo d’Orleans (che il Capitano offra una sponda?), il governo non cava un ragno dal buco. E l’Assemblea si disperde nei rivoli di una sessione finanziaria che non ingrana. Ieri è stato il turno della discussione e approvazione del Defr, il documento di economia e finanza partorito dalla giunta Musumeci, a cui Schifani e Falcone (il suo assessore all’Economia) hanno apportato piccoli aggiustamenti. Si tratta di un adempimento (“Senza progetti e senza visione” secondo il M5s) che delinea l’indirizzo politico e programmatico in temi di bilancio per il prossimo triennio e, nonostante le schermaglie, lascia il tempo che trova.

Contano i soldi a disposizione, che non sono tantissimi. Per questo la prima manovra allestita da Falcone è composta da una quindicina di articoli, in cui si è deciso di aumentare gli stipendi ai Forestali (a questo scopo verranno utilizzati i fondi di Sviluppo e coesione dell’Europa) e le ore di lavoro agli Asu impiegati nel settore dei beni culturali, altrimenti i musei rimarranno senza custodi. Schifani ha ribadito gli obiettivi: “Spinta alla creazione di nuovi posti di lavoro, sostegno alle imprese per il rilancio del tessuto produttivo siciliano e un forte supporto agli enti locali soprattutto sul fronte delle progettazioni per metterli nelle condizioni di cogliere le nuove opportunità di finanziamento”. Sarà.

Tuttavia restano lontani i propositi di riforma, nonostante l’assessore all’Economia, ieri in aula, abbia accennato a quella dei Forestali e dei Consorzi di bonifica, già previste per altro nel rinnovo dell’Accordo con lo Stato che prevede la spalmatura del disavanzo in dieci anni. Lo chiamano “Salva Sicilia”, ma potrebbe diventare un cappio al collo se le condizioni piste da Roma – compreso il blocco dei concorsi e del turnover dirigenziale – restassero definitive. E qui subentra un’altra attesa: quella di Schifani, che ha promesso un nuovo vertice al Ministero dell’Economia per superare l’impasse sulle assunzioni e ottenere una deroga. Mentre resta un unicum, per il momento, la mancia da 200 milioni accordata dal Ministro Giorgetti in cambio della rinuncia a qualsiasi altra forma di compensazione finanziaria per l’aumento della spesa sanitaria dal 2007 a oggi.

Il percorso resta incerto e i problemi che aggrovigliano il destino della maggioranza, certamente non depongono a suo favore. Oltre a discutere, anche animatamente, sui comportamenti dell’assessore al Turismo, e avanzare ipotesi sulla rilettura del Codice degli Appalti, Schifani è rimasto fermo alle sue dichiarazioni programmatiche. E non fanno testo i provvedimenti per famiglie e imprese (ancora sulla carta) contro il caro energia, o la conferenza per annunciare gli sconti ai pendolari sul trasporto marittimo verso le isole minori. Mancano gli interventi strutturali che la Sicilia pretende e merita. Restano, invece, gli affidamenti diretti (con eccesso di discrezionalità) e gli appalti senza gara (come nel caso della riscossione dei tributi). Restano i contenziosi aperti con la Corte dei Conti e con lo Stato, che limitano fortemente l’attività del governo sotto il profilo economico-finanziario. Ma soprattutto permangono le ombre del passato, che a ogni occasione utile si ripresentano alla porta e fanno chiasso.

L’ultimo microscandalo è stato sollevato dal deputato dei Cinque Stelle, Luigi Sunseri: “Desta qualche perplessità il modo in cui il Consorzio di Bonifica di Palermo abbia speso 13 mila euro da corrispondere ad alcuni suoi dipendenti, a titolo di rimborso forfettario, per attività generiche di trasloco, pulizia e riordino di alcuni locali della sede legale. Quella che sembrerebbe una vicenda assurda – ha spiegato il presidente della commissione per la verifica dell’attività UE – è in realtà messa nero su bianco su una determina del Direttore Generale del 21 dicembre 2022, secondo la quale i dipendenti avrebbero traslocato il settore ‘dal piano ammezzato al primo piano’ della sede di Palermo del Consorzio e trasportato, a proprie spese, altro materiale dalla sede legale alla Diga Garcia. Cioè ricapitolando, 13 mila euro ad alcuni dipendenti per spostare mobilia da un piano all’altro dello stesso stabile. Il tutto – sottolinea Sunseri – sembrerebbe, senza alcuna rendicontazione analitica delle spese fornite dagli stessi dipendenti, i quali sono già remunerati con il loro stipendio. Né tale elargizione sembrerebbe giustificarsi quale lavoro straordinario, mancando non solo l’autorizzazione ma la quantificazione esatta delle ore prestate oltre il normale orario di lavoro”. Un classico esempio del poco, pochissimo zelo con cui vengono amministrate le risorse regionali.