Ci avviciniamo al nastro di partenza. Dopo il referendum di domenica e lunedì, le scuole siciliane riapriranno ai propri studenti, anche se la prima fase di sperimentazione, che termina oggi, ha dato risultati modesti. Superiori e asili nido, in parte, hanno già ricominciato. Qualcuno, però, ha alzato bandiera bianca. Un esempio su tutti? Il sindaco di Corleone, Nicolò Nicolosi, ha dovuto sospendere le attività didattiche fino al prossimo 1 ottobre perché una famiglia di cinque persone risultata positiva al Coronavirus, ha partecipato a un matrimonio con 250 invitati e rischia di averne infettati parecchi. Alle nozze erano presenti una trentina di alunni. Per questo il paesino in provincia di Palermo abbassa le saracinesche. E’ un lockdown “dolce” (nelle ore serali sospendono la propria attività bar, ristoranti, palestra e scuole di ballo), ma testimonia come la socialità più “a rischio” sia all’interno degli istituti scolastici.

In attesa che la Regione rifornisca le scuole coi test rapidi (750 mila sono già in distribuzione nelle aziende ospedaliere), che permettono di avere il risultato del tampone in un quarto d’ora anziché in due giorni, bisognerà fare molta cautela. Per il focolaio di Corleone, è stato necessario sospendere le lezioni anche a Marineo e Bisacquino, dove insegnano parecchi docenti residenti nell’area del cluster. Hanno chiuso le scuole anche i sindaci di San Giuseppe Jato e Belmonte Mezzagno. Si sono fermati, inoltre, quattro asili nido a Palermo: l’ultimo, in ordine di tempo, è il “Braccio di Ferro” di piazza delle Balate, a Brancaccio. Il provvedimento è scattato ieri, a metà mattinata, perché a un familiare di una dipendente era stata disposta l’esecuzione del tampone a causa di uno stato febbrile. La dipendente dell’asilo nido ha quindi fatto rientro a casa, autorizzata dalla direzione. Contemporaneamente sono scattate le misure di sicurezza previste dai protocolli. Il servizio è stato subito sospeso e sono stati avvertiti i genitori degli otto bambini presenti. Per il plesso è stata quindi disposta la sanificazione straordinaria da parte del personale della Reset. Un caso simile si era verificato al “Melograno” di via Monte San Calogero.

Anche a Erice e Petrosino, nel Trapanese, l’allarme è scattato per la positività di due adulti: una maestra della scuola dell’infanzia e un dipendente scolastico. Oltre al contact tracing, per cercare di risalire alle persone entrate in contatto coi soggetti, è avvenuta l’immediata sanificazione dei luoghi. E i ragazzi spediti in quarantena. In un liceo Scientifico di Trapani, invece, l’emergenza è stata circoscritta ai studenti di un solo corso, dopo che una madre si è accorta di avere il virus.

Al netto dei casi importati dall’esterno, l’incidenza di positivi sull’intera comunità scolastica è inferiore all’1%: su 32.111 operatori che si sono sottoposti al test sierologico (volontario), soltanto 294 hanno sviluppato gli anticorpi. Ma il tema della sicurezza sanitaria è ancora oggi in divenire: “Anche in Sicilia – ha detto l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla – le linee guida sono quelle stabilite dall’Istituto superiore di sanità: dopo la conferma della positività con test veloce va ricostruito l’elenco dei contatti dello studente o del personale scolastico e poi occorre valutare caso per caso la necessità di una quarantena di tutta la classe o di una parte sola di essa”. L’esperienza va acquisita sul campo. Saranno presidi e insegnanti, caso per caso, a valutare il pericolo e la gravità delle singole situazioni e a procedere di conseguenza.

Le testimonianze di questi giorni restano, comunque, un preludio al caos prossimo venturo. Entro il 24 settembre si parte in tutti gli istituti, coi dirigenti scolastici che sono tenuti a garantire almeno duecento giorni di lezione. Non sarà un ritorno alla normalità al 100%. Impossibile. La Sicilia, come altre regioni del Sud, ha un problema di spazi. Mancano i banchi – ne sono arrivate poche centinaia di quelli monoposto – e di conseguenza le aule, dove è impensabile radunare più di 13 o 15 alunni per volta. La soluzione è far indossare a tutti la mascherina, o in alternativa dividere i compagni e organizzare i doppi turni. Al limite, ricorrendo alla didattica a distanza (in teoria, solo per le superiori).

L’assessore Lagalla, però, si è mostrato parzialmente fiducioso: “Al primo censimento fornito dall’ufficio scolastico regionale il numero di aule necessarie in più in Sicilia era di oltre 1.200: oggi siamo in una condizione in cui il problema riguarda poco più di 120 classi, cioè il 10 %, e oltre la metà delle aule mancanti sono concentrate nella provincia di Catania. Importante sono stati il ruolo dei prefetti, la convenzione che abbiamo firmato con la Conferenza episcopale siciliana per poter utilizzare spazi parrocchiali e il contributo che il governo nazionale ha stanziato per locazioni passive”. Tuttavia Lagalla ha sottolineato che qualcosa non funziona: “Dipende tutto dal ministero dell’Istruzione. Ci hanno assicurato che entro la seconda metà di ottobre arriveranno i banchi promessi. Avendo io stesso verificato la situazione presso alcuni istituti, però, posso dire che l’utilizzazione dei banchi attualmente disponibili non ha pregiudicato l’inizio delle attività, anche per il posizionamento ortogonale dei ragazzi che li occupano. E’ il cosiddetto modello “cubano”. La Regione, comunque, ha impegnato da subito 38 milioni dell’ultima Finanziaria per acquisire materiale per la didattica e distanza e avviare un piano straordinario di dispersione scolastica (fenomeno accentuato dalla pandemia). Ne arriveranno altri 120, quando qualcuno deciderà di sbloccare i fondi Poc, su cui poggia l’intero impianto della Legge di Stabilità.

Apertura anche sull’utilizzo dei tamponi volontari per gli studenti: “La scuola non è un luogo Covid free. E’ impossibile pensare che l’ambiente scolastico possa essere automaticamente al riparo assoluto al contagio. Fare il tampone oggi – ha precisato l’assessore, durante l’ultima audizione a Sala d’Ercole – non significa essere sicuri domani. Alla fine prevale sempre la logica della prevenzione”. Mentre dotare tutti gli istituti di termoscanner all’ingresso – adottando la stessa ordinanza della Regione Piemonte, che ha vinto un duello di carte bollate col governo nazionale – è una misura da valutare: “Potrebbe generare assembramento. Prenda la scuola alberghiera “Pietro Piazza” di Palermo, il più grande istituto superiore d’Italia – ha detto Lagalla, rivolgendosi a Nello Dipasquale, il deputato Pd che aveva formulato l’ipotesi –. Pur con gli ingressi scaglionati, non si potrebbe impedire la creazione di lunghe file all’ingresso”.

Rimane un grosso punto di domanda, invece, su un paio di questioni che toccano l’assessorato all’Istruzione. Nel primo caso, cioè la sospensione dell’assistenza igienico-sanitaria per gli studenti disabili, lo lambiscono: “Premetto che la competenza della gestione dell’assistenza ai disabili è dell’assessorato alla Famiglia – ha spiegato Lagalla -, ma posso dire però che l’assessore Scavone ha già disposto il trasferimento dei fondi alle ex Province e ai Comuni per il trasporto e l’assistenza ai disabili”. Gli studenti più sfortunati, che già sono costretti a fare i conti con l’assenza cronica degli insegnanti di sostegno (ne mancano 800 solo a Palermo), si ritroverebbero con lo svantaggio di non poter andare neanche in bagno durante le ore di lezione. E il personale Ata, che il governo regionale avrebbe voluto “insignire” di questa mansione, non appare adeguato.

Anche il mondo della Formazione professionale, di cui pochi parlano, dovrebbe ricominciare il 24 settembre. Ma i nodi sono tantissimi. Gli ultimi riguardano i corsi Iefp, una sorta di scuola “dell’obbligo”, in cui si accumulano ritardi e si paventano tagli. Gli studenti sono a casa da febbraio e gli enti accreditati non vedono la luce. “L’impegno politico era di partire in aula il 14, ma così non è stato – ha spiegato Gabriele Albergoni, presidente dell’associazione datoriale Anfop Sicilia – Tutto parte da una specifica circolare con cui l’amministrazione regionale si impegnava a pubblicare i decreti di autorizzazione il primo settembre: alla Regione è pervenuto un numero di percorsi maggiore rispetto a quello previsto, con conseguenze anche economiche. Coi numeri attuali servirebbero due milioni e mezzo in più – prosegue a Live Sicilia – e qui si apre un altro tema: ci è stato preannunciato che per risolvere la situazione potrebbe avvenire un taglio trasversale a tutti i corsi, con oltre quattromila euro in meno per ognuno. In un momento in cui bisogna far fronte a nuove spese per contenere il Covid, ci saremmo aspettati contributi speciali e non tagli”.

Contando che a ogni corso partecipano mediamente 25 alunni – tra cui parecchi ragazzi disagiati, che non possono permettersi un percorso di studi “normale” – la mancata ripartenza aprirebbe profonde ferite a livello sociale. E’ uno dei volti della pandemia: spesso trascurato, ma non meno drammatico.