A Palermo, all’Ars, si è celebrato allegramente il convegno anti-green pass: un cosiddetto dibattito democratico sulla scelta di contestare le regole di una democrazia negli stessi luoghi simbolo della democrazia. Addirittura c’era un assessore regionale che pur di allinearsi all’insensata manifestazione di no-tutto ha detto testualmente: “…in una sede istituzionale come il parlamento siciliano ogni idea e punto di vista può essere espresso democraticamente”. Infatti a seguire una professoressa di lingue dell’Università del Salento ha mitemente dichiarato che “chi oggi ci controlla il Green Pass e se abbiamo fatto il vaccino è come i kapò dei campi di sterminio nazisti”. E siccome ogni idea e ogni punto di vista hanno diritto di trovare ospitalità all’Ars, forse domani le sale dell’Ars saranno impegnate da esperti di 5G iniettabile in vena, e dopodomani da sostenitori di QAnon che mettono in relazione il nuovo ordine mondiale con le multinazionali della trippa in scatola. Tutti senza mascherina, come l’assessore di cui sopra, contro le norme scritte di uno stato democratico.

C’è poco da ridere. È prassi ormai diffusa la creazione di nuovi palcoscenici senza darsi cura di reclutare nuovi attori. Bastano quattro comparse che reggano il gioco dei veri pupari di questo teatrino scientificamente blasfemo. Nel silenzio complice delle istituzioni (non tutte), con una sensazione di impunità che stride con i sacrifici che tutti noi abbiamo fatto e facciamo per tenere a bada il virus. Per loro e per tutti valgono le parole del premio Nobel per la pace Maria Ressa, giornalista filippina: “Se non ci sono più i fatti non ci può essere la verità e non ci può essere la fiducia. E se non ci sono queste cose non ci può essere la democrazia”.

Ecco come un dibattito “democratico” diventa in realtà un pericolo per la democrazia stessa. (tratto da Facebook)