Tre ore e mezza di Buon compleanno Pippo ci hanno fatto capire varie cose. La più importante: che la visione del mondo (e della televisione, che per lui sono la stessa cosa) è per Pippo Baudo familista ed è per questo – oltre che per le sue qualità professionali – che può festeggiare, insieme ai suoi 83 anni d’età, sei decenni passati davanti alle telecamere. Poi abbiamo acclarato tante altre cose, più marginali ovviamente: per esempio che Pippo non si tinge più mentre continua a farlo Al Bano e lo fa anche (barba compresa) il cinquantatreenne Jovanotti.

Ma la cosa più importante era e rimane la prima visto che l’uomo è assolutamente inscindibile dal personaggio, che sono un tutt’uno, che l’uno ha portato tutto di sé nell’altro e viceversa, anzi è strano che non gli si accenda una lucetta rossa in testa, al mattino, quando Pippo si sveglia.

Ovviamente il ricatto della memoria ha fatto tanto in quei 210 minuti di televisione che non hanno avuto nemmeno bisogno del traino di Techetechetè poiché tutta la serata è stata un lunghissimo Techetechetè, la fortunata rubrica d’archivio dell’access  che con sadismo ci ricorda nei mesi estivi i bei tempi in pollici quando non imperava il vampirismo delle barbaredurso e delle marevenier, il loro “vieni qui che ti intervisto perché non c’è una cicca di idea”.

Perché è vero che così come è entrato nelle nostre case dal 1959 ad oggi, Pippo Baudo è entrato anche nelle case di quelli che con lui hanno lavorato o di quelli che ha scoperto e fatto debuttare in tv o nella musica. E’ vero che è stato pronubo del matrimonio perpetuo tra Romina e Al Bano (ma ha anche vissuto all’interno del paradiso agreste di Cellino l’inferno emotivo che li ha devastati), è vero che è stato come un fratello, più che amico e collega, per Sandra Mondaini e che in casa Vianello, quella vera, era… di casa. E’ vero che ha preso per un orecchio Gigi D’Alessio quando ha capito che aveva puntato gli occhi sulla ragazzina Tatangelo intimandogli che se non avesse avuto intenzioni più che serie…, è vero che faceva il risolutore di incisi musicali porta a porta quando i cantanti che dovevano presentarsi a Sanremo avevano una canzone con un inciso che non si apriva o addirittura inesistente (Giorgia ne ha raccontato uno), è vero che ha fatto il provino a Tullio Solenghi nella sua camera all’hotel Domus di Milano mentre era in mutande e a Massimo Troisi e ai suoi sodali napoletani della Smorfia in uno sgabuzzino del cabaret romano La Chanson, è vero che ha dovuto convincere la mamma della Cuccarini a far debuttare la figlia sul video durante una convention del Cornetto Algida. Questo ed altro è diventato aneddoto ma prima di diventarlo è stato per l’appunto vita che è poi diventata televisione. Vedete come il cerchio si chiude?

Non per niente più di uno o di una ieri sera in tv gli ha detto – o per la prima volta o ribadito – «quanto ti voglio bene io?», «quanto devo esserti grato?», «quanto devo a te tutto quello che poi ho fatto?», «quanto mi hai cazziato quella prima volta?», «quanto ho imparato da te?» ma nella maniera riconoscente in cui si dice ad un padre e non ad un padrino.

Certo, la serata ha avuto un tono celebrativo, ha fatto leva su come eravamo giovani e forti, su «quella sì che era televisione» ma ci stava, sarebbe stato come un compleanno senza il «tanti auguri», l’eucarestia di una volta senza il Tantum ergo. Non si sa se Pippo farà ancora qualcosa: la voglia magari ci sarebbe e anche qualche idea ma deve fare i conti con un passo che è fisiologicamente più lento. Molto comunque ha già fatto. E il ripasso di ieri ci ha ricordato che, per gran parte, ha saputo farlo bene.