L’organizzazione del Festino di Santa Rosalia e la trattativa con Roma sul nuovo piano di riequilibrio, sono state le uniche due occupazioni di Roberto Lagalla dal suo insediamento a palazzo delle Aquile. Per il resto Palermo è una città ferma. Dove i problemi lasciati in eredità da Orlando sono tutti sul piatto, e talvolta rischiano persino di aggravarsi. A partire dalla questione dei cimiteri, che il nuovo sindaco spera di risolvere nell’arco di pochi mesi (nel frattempo, alla luce dei tagli ‘minacciati’ dalla scorsa Amministrazione, Reset ha annunciato una drastica riduzione del personale, e ai Rotoli rimangono oltre un migliaio di bare accatastate). Ma a ribadire il blocco dell’attività amministrativa sono un paio di questioni. La prima è prettamente politica.

Lagalla non riesce a tenere a freno i partiti della sua maggioranza, che gli tirano la giacchetta per avere qualche posto in più in giunta. A partire da Forza Italia, dove Francesco Cascio – che ha rinunciato alla candidatura in piena campagna elettorale – rivendica il ruolo di vicesindaco (da fuori quota, non da componente di FI); proseguendo con Fratelli d’Italia, che non ha ancora deciso la rosa di nomi da consegnare al primo cittadino per i due-tre incarichi che spettano al partito (compreso, magari, quello di presidente del Consiglio comunale). Lagalla, che aveva annunciato più volte la composizione della giunta, si è preso qualche altro giorno di riflessione. Che però non gli basterà ad esaudire i desideri di Musumeci, del quale, oltre ad essere stato assessore, si dimostra tuttora un reggimoccolo. Diventerà Bellissima, dimenticando la propria annessione all’impero della Meloni, aveva avanzato la richiesta di un assessorato. Ma la proposta è stata respinta con perdite da Ignazio La Russa, che nel corso della campagna elettorale ha dovuto ingioiare – senza condividerla – la nomina di Alessandro Aricò all’assessorato regionale alla Formazione professionale (proprio al posto di Lagalla). Gli assessorati, pertanto, rimarranno nella disponibilità di FdI.

Lagalla, che in questa prima fase di governo della città, si sta mostrando magnanime coi suoi ex colleghi alla Regione (a partire da Manlio Messina, cui ha steso il tappeto rosso per la presentazione del solito evento targato Rcs Sport, e concesso il Foro Italico per tre giorni di sport all’aria aperta) è in palese difficoltà. E piuttosto che decidere – qualcun altro, probabilmente, lo farà per lui – si limita a un ruolo di rappresentanza. Qualche giorno fa ha accompagnato Musumeci in una visita al ‘tappo’ di viale Regione Siciliana, costata al presidente un lungo eco di pernacchie. A Palermo Orlando non sarà stato il massimo. Ma chi conosce lo stato dell’arte della circonvallazione, non ha accolto di buon grado le dichiarazioni del governatore, che s’è preso il merito di aver dato una scossa a “un cantiere vergognoso”. “Ma se è stato il primo a rallentarlo…”. Sempre Lagalla, poi, è volato a Roma, dove fa da spola fra un ministero e l’altro, accompagnato da Davide Faraone, per provare a risolvere quest’annosa questione del piano di riequilibrio, che potrebbe costare al Comune di Palermo (e soprattutto alle tasche dei palermitani) qualcosa di molto simile al default. L’obiettivo è ottenere un miliardo grazie a una specifica norma ad hoc che dovrebbe finire nella prossima Legge di Bilancio dello Stato. Ci vorranno mesi.

Ma in casa restano ancora molte cose da risolvere. Tutti pretendono di entrare in giunta, anche i partiti rimasti fuori dal Consiglio comunale – che pertanto non garantiscono alcuna “copertura” alla maggioranza – o quelli che non hanno raggiunto il 3,5%, diversamente dagli accordi iniziali. Non ci sarebbe spazio per il Cantiere Popolare di Romano, ad esempio, che col sindaco è reduce da rapporti turbolenti (“Mai con Lagalla”, aveva detto l’ex Ministro a marzo) e adesso minacciano “conseguenze politiche a partire dalle prossime Regionali”. Ma Lagalla fatica a tenere a bada anche il suo nuovo partito, l’Udc di Lorenzo Cesa: il primo a sponsorizzarlo nella corsa per palazzo delle Aquile, il primo – regole alla mano – a non avere diritto a un assessore (non avendo raggiunto la soglia di sbarramento del 5%). Come farà il sindaco a tenerlo fuori? E soprattutto come farà a conciliare la pretesa di piazzare dei tecnici negli assessorati più delicati (come Maurizio Carta all’Urbanistica) e accontentare, al contempo, tutte le prerogative dei partiti? E’ un mistero che neanche Santa Rosalia, ormai alle porte, potrà svelare.

Ma c’è un’altra questione che tiene sulle spine il primo cittadino. Ovvero le bizze della burocrazia. I dirigenti (36 su mila dipendenti comunali, di cui la metà part time), non avendo direttive da parte degli assessorati, ancora vuoti, battono in ritirata. Come scrive oggi Repubblica, “neanche la determina per liquidare i soldi che servono a far funzionare di nuovo gli impianti di climatizzazione guasti nella metà degli uffici comunali, dove per il troppo caldo i dipendenti vanno a casa alle 11, è andata a buon fine. Alcune incongruenze sulla cifra da spendere, circa 20 mila euro, hanno bloccato tutto alla ragioneria generale. La determina va compilata di nuovo”. In tutti gli uffici decentrati del Comune di Palermo, dal polo tecnico di via Ausonia alla Galleria d’arte moderna, passando per la biblioteca comunale, la pratica più diffusa è lo smartworking. E non c’è nemmeno il Bilancio, giacchè non esiste Consiglio comunale (dovrebbe insediarsi entro il 20) e lo Stato ha acconsentito a una prima proroga fino al 30 luglio (ma ci saranno altri due mesi di ‘bonus’).

Ci sono tutti i presupposti per l’ennesimo blackout. L’aggiornamento del sistema, gioco forza, slitterà al prossimo autunno, quando la giunta avrà finalmente una conformazione politica chiara, e il Consiglio comunale pure. Lagalla, intanto, rischia di inciampare pure sui tram: s’era detto contrario a farli passare da Via Libertà, ma dando una rapida spulciata alle carte, s’è reso conto che quella firmata dall’Amministrazione Orlando è una cambiale pesantissima. Se sceglierà di non onorarla fino in fondo, rischia di andare incontro alla perdita di 300 milioni di finanziamento: “Stiamo ragionando – semmai – su possibili e compatibili modifiche per evitare un impatto aggressivo sul centro città”, ha detto Lagalla a Live Sicilia. Dai ragionamenti di questi giorni passano anche le prime nomine di sottogoverno. La prima scadenza impellente, il 20 luglio, è per il cda di Gesap, ossia la creatura che per anni è stata il fortino di Fabio Giambrone, vice di Orlando. I partiti sono di nuovo fuori dalla porta, che attendono. A partire dai renziani. O pensavate che gli aiutini romani fossero dovuti?