Per essere diversa dai viaggi della speranza che Armao organizzava dall’ex ministro Tria, con tanto di photo opportunity, la visita del presidente Schifani a Giorgetti dovrà essere seguita da un impegno serio da parte della Regione. Della serie: qui soldi non se ne sprecano più. Diversamente, anche i 600 milioni che il governatore ha in mente di chiedere al Ministero dell’Economia, nel corso di una trattativa che sarà inaugurata la prossima settimana in via XX Settembre, a Roma, potrebbero risultare inutili.

E’ una questione che ha già sollevato una fetta dell’attuale maggioranza, dove Forza Italia dà ancora segno di risiedere. Nella sua intervista articolata a Live Sicilia, il deputato segretario Nicola D’Agostino, ex Italia Viva, si è soffermato sulle priorità del nuovo governo: “Mi pare che la Corte dei Conti sia arrivata prima della politica e ci sta mettendo davanti a una tragedia, perché se abbiamo un buco da un miliardo, siamo davanti a una tragedia infinita. Questi sono i veri problemi che qualcuno ha prodotto, in questo caso il governo Musumeci”. Non basta accertare la paternità della sciagura. E’ necessario cambiare indirizzo, secondo D’Agostino: “Se la speranza di Schifani e Falcone è di stendere un velo pietoso su questa voragine, è un atteggiamento delittuoso. L’assessorato all’economia deve essere una casa di vetro e mettere a disposizione dell’opinione pubblica, attraverso la stampa, tutti gli atti necessari per comprendere il fenomeno”.

Il bilancio è spesso considerata materia troppo ostica per finire sui paginoni dei giornali. Ma è dalle casse finanziarie di palazzo d’Orleans, spesso all’asciutto nonostante la liquidità garantita da Roma e Bruxelles, che dipendono le sorti di cinque milioni di siciliani. Almeno in parte. Ed è da lì, dal bilancio, che va allestito il nuovo corso della Regione. Quello cui Schifani dice dichiaratamente di volersi attenere. Non solo con le task force. Serve una politica seria e responsabile, che operi su altri livelli rispetto quelli mostrati finora. Ad esempio, risulta una pratica ancorata al passato quella che ha consentito il cofinanziamento di 18 progetti cinematografici e audiovisivi utili a “rendere la Sicilia attrattiva per le grandi produzioni internazionali”. Sembra il seguito della maxi operazione finalizzata dall’ex assessore al Turismo, Manlio Messina, che ha collezionato enormi spese – fino a Cannes, in occasione del Festival del Cinema – per allestire mostre dal prestigio indiscutibile, ma dall’utilità assai trascurabile. Il punto non è scegliere a chi dare i soldi (anche); ma soprattutto capire le priorità, evitando che i corposi finanziamenti, talvolta europei, finiscano per privilegiare le solite lobby (e basta) o per assegnare lavori di ‘ufficio stampa e comunicazione’ un po’ troppo generici.

Va detto che gli ultimi 10,8 milioni messi sul piatto dalla Regione sono l’ultima tranche e finanzieranno le proposte giunte con la seconda finestra di un bando scaduto a settembre 2022. Col quale erano stati finanziati, da Messina & Co., altri 19 progetti. Ma resiste l’idea che “attraverso questo provvedimento” si conti “di ottenere un’immediata ricaduta economica, un significativo risvolto occupazionale e una sempre maggiore valorizzazione e promozione del territorio”. Come dice il neo assessore al Turismo e agli Spettacoli, Francesco Scarpinato. Uno che intende seguire la scia di Messina, e che da Messina è stato accuratamente selezionato e proposto al Ministro Lollobrigida, il Cognato d’Italia, per finire in giunta da ‘esterno’. Anche lui al Turismo, l’assessorato col portafogli smisurato. Qualcuno, però, dovrebbe dirgli che non è più tempo di scialare.

Così come bisogna concentrare le energie e i finanziamenti per ammodernare la Sanità, per renderla un servizio utile ai siciliani, accorciando le liste d’attesa e riducendo la folla (e la follia) nei Pronto soccorso. E non, invece, continuare a ritenerla uno strumento nelle mani di pochi. Come il Cefpas di Caltanissetta, la scuola di alta formazione per medici e infermieri (che ormai forma pure i manager della sanità) che ha beneficiato di risorse a ogni piè sospinto: per organizzare i corsi, per la digitalizzazione, per il Cerpes (il nuovo centro per le epidemie che Musumeci voleva trasformare in un hub di riferimento per l’intero Mezzogiorno). Aver affidato la Salute a un ‘tecnico’ come Giovanna Volo, che non ha mai fatto politica in vita propria, dovrebbe rappresentare una polizza per il futuro. Sempre che dalla politica non si faccia condizionare troppo. Va bene il giusto.

I seicento milioni di Giorgetti, ammesso che arrivino, dovrebbero essere usati, innanzi tutto, per imprimere una svolta culturale alla spesa di questa Regione, che spesso ha finito per attorcigliarsi persino sui fondi europei senza riuscire a utilizzarli tutti. Ma intanto potrebbero risolvere i problemi cronici legati alla liquidità, qualora la Corte dei Conti confermasse la scure di un miliardo per le spese irregolari operate dal governo Musumeci, che ha accantonato (secondo i magistrati) una somma inferiore rispetto a quella prevista dalla Legge a copertura del disavanzo, almeno negli esercizi 2019 e 2020. O se la Consulta dovesse assegnare valore retroattivo alla sentenza che condanna la Regione per aver saldato le rate di un mutuo distraendo risorse dal Fondo sanitario, utile invece al mantenimento dei Lea sanitari.

I soldi di Giorgetti, sempre che arrivino, non rappresentano soltanto una forma di compensazione per “l’avvenuto aumento della compartecipazione finanziaria della Regione alla spesa sanitaria, aumento che determina un aggravio per le casse isolane”. Ma anche un’occasione di rinascita: economica e nelle pratiche di buon governo. Una rinascita che l’Isola non ha mai conosciuto: nemmeno negli ultimi anni e nemmeno a fronte di una serie di indicazioni (romane) contenute, come obblighi, negli accordi di Finanza pubblica. Che puntavano alla riqualificazione della spesa, alla chiusura dei carrozzoni inutili, alla riduzione delle posizioni dirigenziali, alla riorganizzazione degli uffici e delle mansioni dei burocrati, alle riforme strutturali di alcuni settori chiave. In generale, a rendere la spesa produttiva. Basterà aver cambiato interpreti per convincere il governo nazionale a darci una chance?