Rispetto a quel lontano 1608, quando Michelangelo Merisi lo dipinse, ambientandolo in un tetro ambiente catacombale, in sintonia forse col suo cupo umore di fuggitivo, il “Seppellimento di Santa Lucia” è messo molto male. Probabilmente è una delle opere di Caravaggio nel peggiore stato di conservazione. L’umido siracusano non perdona e non ha riguardo nemmeno per i geni universali della pittura.

E ora lo vogliono restaurare, c’è di mezzo Sgarbi e un museo nella remotissima Rovereto (patria del padre dell’archeologia aretusea, Paolo Orsi), ci sono di mezzo 350 mila euro – una cifra strabiliante con i tempi che corrono – per un’opera di conservazione del dipinto al fine di impedirne un ulteriore deterioramento e una sistemazione climatizzata per il futuro nella chiesa della Borgata, il sepolcro di Santa Lucia, per la quale fu dipinto. Il tutto a cura del Istituto Centrale del Restauro, come dire il massimo dell’autorevolezza e dell’affidabilità in questo campo.

E ora ce lo vogliono rubare il nostro quadro, una tela fragilissima, preziosa, patrimonio inalienabile e inamovibile della cultura aretusea, peraltro già restaurata: è una bieca operazione alla quale la città dice di no! Per la fase 2 peraltro abbiamo bisogno di tutti i nostri gioielli, mica possiamo dar via i nostro capolavoro per le ubbìe di un polemista ferrarese. Non siamo il supermarket dell’arte per il nord, cribbio. Mica se li portano a spasso gli altri Caravaggio. Perché ci vogliono rubare il nostro che poi si sa in questi casi: è sicuro quando parte ma non è mai sicuro quando torna!!!

L’avesse saputo il maestro lombardo, che era tutt’altro che alieno ai litigi, non sarebbe manco passato da Siracusa dove ultimamente sull’opera sua ci si vitupera con una frequenza e intensità che avrebbero mosso a disappunto anche il suo spirito pugnace.

I fatti. Il 21 maggio, nel corso di un dialogo via skype fra il neo assessore regionale leghista Samonà e Sgarbi si apprende che “il Seppellimento di Santa Lucia” sarà esposto prossimamente nel Museo di Arte moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART), presieduto dallo stesso Sgarbi, previo un accurato restauro dell’opera. Apriti cielo.

Il 23 la città s’erge contro la losca operazione. Su Repubblica spara Paolo Giansiracusa critico d’arte, ex assessore, oggi componente del CdA della Fondazione del Dramma Antico: “C’è preoccupazione. Le grandi tele maltesi non sono mai state esposte fuori dalla Valletta, le opere romane di San Luigi dei Francesi non sono mai state staccate dalle loro pareti e così quelle di Santa Maria del Popolo e di Sant’Agostino. Per farla breve, le opere del Caravaggio che vengono concesse con maggiore facilità sono quelle siciliane, nonostante la loro inamovibilità”.

Il sindaco Francesco Italia e l’assessore alla cultura Fabio Granata non sono da meno: “Non crediamo sia pensabile e neanche proponibile un prestito solo per la promessa di una teca e di un restauro non meglio specificato. L’identità culturale della Sicilia si difende non con i proclami ma attraendo viaggiatori e non certo prestando le nostre opere più preziose e delicate”.

Ma né Giansiracusa, né Granata, né Italia, né Carlo Castello dell’Archeoclub (“Caravaggio resti a casa”) hanno il potere di prestare o negare il prestito dell’opera che appartiene al patrimonio del Fondo Edifici di Culto (FES) del Ministero dell’Interno e sul quale devono pronunciarsi la Soprintendenza e la Curia che lo ha in custodia dal lontano 1608.

L’operazione, sostenuta da Sgarbi e appassionatamente difesa dalla critica d’arte e giornalista Silvia Mazza, si delinea presto nei suoi contenuti reali. Il famoso critico-politico, che ultimamente al MART non gode proprio di un sostegno entusiastico (in molti ne chiedono le dimissioni avendo prodotto secondo i critici assai fumo e zero arrosto), ha ottenuto dalla Provincia autonoma di Trento uno stanziamento di 350 mila euro per un intervento conservativo sul quadro, la realizzazione di un sistema tecnologico di conservazione dell’opera e la produzione di una copia di altissimo livello che in futuro potrebbe essere “prestata” senza problemi. “In cambio” l’originale caravaggesco sarebbe esposto in autunno per alcuni mesi al MART.

Sostiene Sgarbi che il prestito non penalizzerebbe turisticamente Siracusa, privando la città del quadro in una stagione “morta”, e consentirebbe di preservare l’opera con un intervento serio (l’ultimo restauro è di 50 anni fa) e soprattutto di creare una zona espositiva a microclima controllato per evitare che in futuro in quadro possa subire altri danni. Sgarbi ha scritto di aver spiegato il tutto a Granata che sarebbe adesso possibilista. Mentre ci sarebbe l’ok politico dalla Regione, dal FES e della curia. La Soprintendenza ha concordato una riunione con l’Istituto Centrale del Restauro a Siracusa a fine giugno per valutare assieme la questione ed esprimere il suo parere.

Tutto a posto allora? Non è detto. Oggi un’altra star della critica d’arte, Tommaso Montanari, sul Fatto Quotidiano ha fatto una paginata dal titolo inequivocabile: “Vade retro Sgarbi. Caravaggio resta a casa sua”, buttandola anche un po’ in politica e delineando l’operazione come una sorta di via “leghista” alla fruizione dell’arte.

La disfida insomma continua. Come quella dell’anno scorso sempre su Caravaggio. Allora però era Siracusa ad avere un Caravaggio in prestito, la Crocifissione di Sant’Andrea. Quella volta prima si parlò dell’originale conclamato in arrivo dal Museo di Cleveland, poi – dopo che la stampa rivelò che dall’Ohio non avevano mandato niente – si ammise non senza imbarazzo che si trattava di una copia del medesimo quadro, la cosiddetta Back-Vega. “Attribuita” al Merisi. A esaltare la mostra del quadro in prestito furono più o meno gli stessi che oggi sono indignati per l’eventuale prestito del “Seppellimento” a Rovereto.

Come dire, siamo tutti generosi coi Caravaggio degli altri.