A Taormina, forse, cambiò il vento. L’edizione numero 71, appena conclusa, del Taormina Film Festival (pieno zeppo di attori e ospiti d’onore), segna – sottolineiamo: forse – l’inizio del declino della corrente turistica di Fratelli d’Italia. Che giusto qualche mese fa aveva voluto come Direttrice artistica della rassegna cinematografica la manager Tiziana Rocca (già vista, negli anni scorsi, al Teatro Antico). Non che la passerella riservata a Micheal Douglas sia andata male, per carità; non che il carisma di Martin Scorsese sia passato inosservato, ci mancherebbe. A stonare è stata soprattutto un’assenza: quella del sindaco Cateno De Luca, che peraltro non ha mandato nessuno della propria squadra. Il red carpet senza amministratori, ad eccezione dell’assessora regionale al Turismo Elvira Amata, può essere una piacevole novità.

Ma nel caso del Taofilm è un’eccezione alla regola e, soprattutto, rappresenta il classico messaggio riconsegnato dal mare in una bottiglia: stavolta, però, una firma c’è. Quello di Scateno. La cui scelta, peraltro, appare consequenziale rispetto agli ultimi accadimenti di carattere amministrativo: nell’estate del 2023, dopo l’elezione a sindaco, stabilì che il Comune fuoriuscisse dalla Fondazione Taormina Arte per la mancata modifica dello Statuto: la Regione – fu la contestazione mossa da De Luca – “ha scelto di andare contro agli interessi della città e lo ha fatto attraverso i suoi componenti nel Cda che sono anche taorminesi”. A quel punto la rottura. Lo scorso anno, nonostante tutto, De Luca partecipò alla passerella e ai brindisi con la Amata. Ma stavolta no. Ed è dei giorni scorsi – un caso? – la nomina del Consiglio d’Amministrazione della “nuova” Fondazione Taormina, un ente parallelo, appannaggio del Comune.

Più indizi fanno una prova: che De Luca, ormai vicinissimo alle posizioni di Schifani e del centrodestra, abbia comunque scelto di non avallare gli usi e i costumi di una classe dirigente – quella di FdI – che ha trasformato Taormina nella parte di un ingranaggio utile soltanto a ricavarne visibilità? Perché sarebbe lecito approfondire quanto e come le varie manifestazioni taorminesi, le rassegne del cinema, i festival del libro e tutto il resto (fuffa, per la maggior parte) riescano a garantire turisti a questa perla. Quanto possano realmente incidere sull’indotto economico di una meta da sogno, che è già capace – da sola e senza gli sperperi della politica – di guadagnarsi una vetrina internazionale. E quale impulso autentico, oltre le apparenze e il glamour, riesca a produrre oggi sul piano culturale.

Non si può nemmeno ignorare un’altra dinamica: il Festival è partito tra mille incertezze, dato che la nomina di Tiziana Rocca risale solo al 7 marzo. È stato definito da molti come un evento “resuscitato in extremis”, con l’organizzazione entrata nel vivo a ridosso dell’estate. Ma basta che la passerella luccichi perché nessuno ne faccia cenno. L’importante è che le foto girino e i riflettori siano accesi. Anche se, a forza di rincorrere l’effetto, si rischia di dimenticare la sostanza.

Eloquente, compulsiva, quasi a voler dimostrare il contrario – invece – la presenza di Elvira Amata, l’assessore che fa parte della scuderia di Manlio Messina (l’ex assessore, nonché già vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera). È apparsa in tutte le foto, ha attraversato i red carpet, non si è mai negata di fronte a un taccuino e una telecamera, ha esercitato – come tutti gli altri partecipanti all’evento – lo sfarzo richiesto dall’occasione. Lo aveva già annunciato alla vigilia e non si è mai tirata indietro: “Il Festival contribuisce non soltanto a rafforzare un segmento così strategico come quello del cinema, ma a rendere l’evento un appuntamento sempre più atteso dai tanti appassionati del settore e attrattivo per i turisti, una vetrina straordinaria di promozione del nostro patrimonio”. Ma è così davvero? Chi ce lo dice?

La Fondazione Taormina Arte è un ente di diritto privato controllato dall’assessorato al Turismo della Regione siciliana. Solo il 30 maggio scorso, con un decreto del Servizio 6 dell’assessorato, sono stati impegnati 500 mila euro per il “sostegno alle spese della manifestazione” (anche se il contributo verrà liquidato entro i 60 giorni previa la verifica delle attività svolte). Questo è un connubio che si ripete, e che ormai è talmente impregnato del fascino e della forza evocativa di attori e attrici, da non destare alcuna perplessità o domanda; da non far risuonare alcun campanello d’allarme rispetto all’utilizzo dei fondi (pubblici e privati, ma soprattutto pubblici). Per Taormina questo e altro… È come se fuori da questa cerchia ristretta di patrioti e accoliti, non ci fosse spazio per nessun’altra forma di espressione artistica, o per altri protagonisti. E spesso, nemmeno per i taorminesi.

Del resto, l’idea di turismo propugnata da Fratelli d’Italia non sembra passare da infrastrutture, mobilità o cultura, ma da una continua redistribuzione di fondi pubblici in eventi autoreferenziali. Dalla gestione provincialistica di SeeSicily – tanto erano fondi europei… – agli investimenti annunciati (e in parte revocati da Schifani) per il Festival di Cannes, fino alle rassegne ipertrofiche come la musica sacra di Monreale, le celebrazioni belliniane o il Sicilia Jazz Festival, dove per l’edizione 2025 sono stati previsti 100 mila euro solo per l’ufficio stampa. Una strategia che confonde promozione con esposizione, visibilità con sviluppo, comunicazione con progettualità.

De Luca, direttamente o indirettamente (solo lui conosce la verità), ha sancito che non bisogna essere agnostici per organizzare eventi a Taormina. Che non c’è soltanto un dio o la Tiziana Rocca di turno. Che non devono per forza essere Monica Bellucci o Catherine Deneuve i motori trainanti dell’economia siciliana. Non è dato sapersi quanto la presa di distanza, o l’indifferenza, del sindaco, possa incidere sul percorso di avvicinamento con Fratelli d’Italia e il centrodestra (che sembrava già a buon punto). La risposta è: quasi niente. Ma quel convitato di pietra che non si è mai palesato, a differenza degli anni scorsi – quand’era ancora opposizione – dimostra che un’altra Taormina è possibile, che un altro turismo è auspicabile. E che i soldi, quelli in grado di cambiare le carte in tavola, andrebbero spesi per generare sviluppo, a partire dalle infrastrutture. Perché raggiungere Taormina non è esattamente la cosa più semplice dell’universo.