L’ultima babilonia del Consiglio superiore della magistratura è difficile da decifrare, figuriamoci da spiegare. Ci provo, partendo da Piero Amara, questo mirabolante avvocato siciliano, un po’ pupo un po’ puparo, itinerante di cronaca in cronaca e di procura in procura, imputato qui, pentito là, talvolta condannato, testimone di ogni sulfureo sottoscala. Per dire: era la pietra angolare dell’ultimo processo milanese per le tangenti africane dell’Eni, concluso in assoluzioni sparse e diffuse dopo anni di indagini. In una chat di magistrati il procuratore capo, Francesco Greco, cercò di respingere le accuse di smania di sospetto, e un sostituto procuratore, Paolo Storari, gli rispose sprezzante: “Francesco, non ci prendere in giro”. Continua sull’Huffington Post