Siamo partiti da Cancelleri, uno che incarnava “chiaramente” i valori del Partito Popolare Europeo. Ma Cuffaro no. Non va più bene. Fra le piroette di Renato Schifani questa rischia di rimanere la più celebre. Costretto dal bon istituzionale ad andare appresso alla linea di Tajani e Gasparri (sposarla è un’altra cosa), il presidente della Regione si è trovato di fronte a un bivio: sconfessare lo stato maggiore di Forza Italia o “tradire” il suo miglior alleato. Forse l’unico di questo governo sgangherato. Ebbene sì, ha scelto la seconda. Dopo averlo corteggiato a lungo, consapevole che senza il suo valore aggiunto FI avrebbe scarsissimo peso nelle urne, a Taormina Schifani ha firmato la resa: “Forza Italia non è un autobus, altra cosa – ha precisato il governatore – è aprire il partito a chi nella propria storia ha sempre dimostrato di condividere i valori del Partito Popolare Europeo”.

Sono due frasi che starebbero bene insieme solo se Cuffaro si decidesse ad entrare in Forza Italia; qualsiasi altra soluzione di stampo “elettoralistico”, infatti, confuterebbe la tesi dell’autobus. E quindi, autorizzazione negata. Per Gasparri, il profeta cui si è sempre affidato Marco Falcone, il simbolo è “Forza Italia-Ppe Berlusconi, non lo cambieremo e non faremo aggiunte”. Anche Marcello Caruso, ventriloquo del governatore, ha esibito una strana sicumera: “Non accoglieremo chi pensa di potere salire e scendere senza suonare il campanello”. Cuffaro, anche se crede nei sacri valori del PPE, non proviene dalla cultura della forca, è garantista di natura e per vissuto, dovrà cercarsi un altro passaggio. Perché non è verosimile smontare la DC dopo averla appena ricostruita e provveduto a diffonderla in molte regioni. Come sacrificio non starebbe in piedi, e nemmeno come investimento sul futuro (politico) di una classe dirigente che si proclama come “nuova”.

Trovare riparo sotto l’ombrello di Forza Italia, per il leader democristiano, non sembra (più) una soluzione. “Non vogliamo essere sopportati e, tantomeno, essere motivo di preoccupazione”, ha detto col dente avvelenato. Una disamina che costituisce “la” sconfitta di Schifani, che addirittura era arrivato a chiedere anche il supporto di Raffaele Lombardo, prima di rinunciarvi di fronte all’alleanza strategica con la Lega. Qualche mese fa, addirittura, il governatore aveva in mente altre prospettive e ben altre aperture. Il 22 aprile, dal palco del Politeama di Palermo, accoglieva infatti l’ex 5 Stelle Cancelleri, che per anni aveva sbeffeggiato Berlusconi e il centrodestra, candidandosi per ben due volte alla presidenza della Regione: “È stato un avversario di Musumeci ma lo ha fatto con stile – disse l’immemore Renato -, un politico che è stato al suo posto istituzionale nell’interesse della Sicilia. Se c’è qualcuno che si rivede nel nostro partito perché dire di no?”. E ha aggiunto: “Tra 5 anni Pd e Cinque Stelle saranno uniti. Una parte di quell’elettorato non seguirà questo schiacciamento e noi di Forza Italia, parte liberale e riformista della coalizione di centrodestra, dobbiamo aprire loro le porte”.

Spiegaglielo a Cuffaro che fino a sabato era così facile entrare – sono riusciti a infilarsi anche Gaetano Armao dopo la nota militanza nel Terzo Polo, e Caterina Chinnici, candidata col Pd alla Regione – e oggi qualcuno ha cambiato le serrature. Schifani, che avrebbe voluto fare del suo partito un porto di mare, una miscellanea di colori e personaggi in cerca d’autore, ha avuto l’altolà dei vertici. Che gliel’hanno ribadito pubblicamente. Perché forse – anzi: certamente – si vergognano della storia giudiziaria di Totò e non intendono concedergli alcuno spazio in lista.

E lui, il presidente, non è stato capace di difendere le proprie scelte, né i vecchi amici. A Tajani, che ha citato l’immagine del taxi e persino dell’albergo a ore, non ha saputo spiegare che il suo governo, che a Roma stringe patti con Giorgetti e la Meloni, è in piedi grazie a Totò Cuffaro. Non fosse stato per la sua sponda ampia e rassicurante, come lo sciarpone di lana sotto le feste, Schifani sarebbe finito nella morsa di Fratelli d’Italia e Autonomisti, che fin dal giorno dell’insediamento hanno trovato il modo di logorarlo (e tuttora, al primo schiribizzo, non si tirano indietro). Inoltre, a Tajani, il presidente della Regione avrebbe potuto e dovuto spiegare chiaramente che senza i voti di Cuffaro, alle Europee, non solo sarà impensabile raggiungere il 20 per cento, ma anche il 10 è in bilico.

Il leader della DC dice di valere il 13% in Sicilia e addirittura l’1 a livello nazionale. Che fai, lo butti? Forza Italia potrebbe – verosimilmente “dovrà” – accontentarsi di un solo seggio a Bruxelles, sperando non vada nelle mani sbagliate: cinque anni fa accadde con Giuseppe Milazzo, poi transitato in FdI. Inoltre dovrà arrendersi all’avanzata di Lega ed Mpa, che già pregustano una redistribuzione di poltrone (non solo in giunta) all’indomani delle Europee. Ma non è soltanto una questione di prospettiva, bensì di realismo e, perché no, di riconoscenza. Senza l’appoggio di Cuffaro, sarebbe stato impossibile tenere a bada gli appetiti degli altri partiti della coalizione sulla sanità, dov’è stato raggiunto l’unico accordo per evitare lo sconquasso: cioè rinviare qualsiasi decisione. E forse non sarebbe stato possibile neppure approcciare l’iter (ardimentoso e tuttora incerto) per la rinascita delle province, diventato il vero cavallo di battaglia di Schifani assieme al caro-voli e ai termovalorizzatori.

Cuffaro è andato bene fino ad ora, ma nel giorno del giudizio – sono arrivate anche le critiche lancinanti di Rosy Bindi – è stato “svenduto” senza particolari remore. Non una parola in sua difesa, né una testimonianza di “fede”. Forza Italia è Forza Italia: a Taormina, Schifani ha scoperto di aver perso le briglie, di non esercitare più alcun controllo, di essere subalterno a Tajani. E’ lui a decidere chi includere e chi no. Gli altri se ne facciano una ragione.

Cuffaro: “Alle Europee con una lista di Liberi e Forti”

“Penso di intuire chi dentro Forza Italia non ci voglia per portare un contributo, magari piccolo ma leale, con la nostra storia. Qualche
giornale, oggi, scrive che il motivo è la mia presenza. Stante le mie valutazioni che a non volere la DC è parte della dirigenza di FI
siciliana, che sa bene chi sono stato e chi sono, ne prendo atto con umiltà e amarezza e, anche se mi viene difficile capire, ne rispetto le decisioni”. Lo dice il segretario nazionale della DC,  Totò Cuffaro. “La DC parteciperà alle elezioni europee nel rispetto della sua storia costituente del popolarissimo Sturziano e lavorerà per fare una lista di Liberi e Forti con tutti i partiti e i movimenti che politicamente pensano al PPE. Mi impegnerò con tutte le mie forze e la mia passione per far crescere la DC in tutte le regioni d’Italia”.

“Magari, senza presunzione ma con convinzione, possiamo contribuire a incrementare numericamente il gruppo del PPE al Parlamento Europeo. Ci sono delle battaglie per affermare le proprie idee che nella vita politica vanno fatte, perché un giorno la storia si ricorderà che le
abbiamo sostenute e ce le riconoscerà”, conclude Cuffaro.