Il piano di manutenzione programmato di 850 milioni di euro che sta investendo la più lunga autostrada siciliana, la A19 Palermo-Catania, continua a provocare disagi agli automobilisti. Che in questi giorni di caldo e controesodo, sono esasperati da code e attese, dovute – come nella giornata di ieri – anche allo sciopero dei casellanti. Ma al di là delle vertenze di sindacati e lavoratori (ci sono sempre stati), dei vacanzieri che rientrano nelle ore di punta e di tutto ciò che potrebbe giustificare questo insopportabile “sacrificio”, la situazione delle autostrade siciliane è folle. Altrimenti non si capirebbero gli otto mesi di chiusura al traffico dell’unica galleria che connette Taormina e i Giardini Naxos, lungo la Catania-Messina. O gli oltre quattro anni che sono serviti alla politica per aggiudicare i lavori di rimozione della frana di Letojanni, lungo la A18. O ancora i ritardi endemici per la ricostruzione del viadotto Himera, nei pressi di Scillato, che sin dal 2015 ha diviso in due parti la Sicilia e che solo alcune bretelle impervie hanno saldato. Malamente.

I problemi riaffiorano con forza durante le ferie agostane, quando spostarsi in autostrada – per una terra così priva di infrastrutture come la nostra – diventa l’unica forma di viabilità sostenibile. Ma non ditelo, ad esempio, ai poveri automobilisti che sabato e domenica si sono imbattuti nella “crisi” di Buonfornello, il casello che immette sulla Palermo-Messina, la A20, per andarsene in santa pace dalle parti di Cefalù. Un calvario. Sabato, addirittura, sono saltati i caselli automatici (due su tre) costringendo gli avventori a file di un paio d’ore nell’unica corsia “sostenibile”. Il controesodo ha fatto il resto. Domenica mattina, quando non erano ancora scoccate le 10.30, presso quel pezzo di autostrada si contavano 4 chilometri di fila e lagne infinite. Per arrivare fin lì, inoltre, si dà per scontato che i palermitani siano usciti indenni dal blocco perenne che si registra fra Bagheria e Altavilla Milicia, un pezzo della A19 in cui da tempo immemore si sta provvedendo al montaggio delle barriere di protezione laterali. Un intervento che rientra nell’investimento da 850 milioni per il risanamento strutturale di viadotti e gallerie, il rifacimento del piano viabile, la riqualificazione e implementazione degli impianti tecnologici e di illuminazione con tecnologia a LED.

I cantieri non vanno mai in vacanza. Non esiste sabato né domenica. D’altronde, poche settimane fa, la Regione era stata rigidissima con Anas e, a proposito dei cantieri sulla Palermo-Catania, aveva chiesto celerità per evitare che il traffico impazzisse: “I cantieri in autostrada non posso durare 24 o 36 mesi. Tutti i lavori devono essere aperti e chiusi al massimo in sei mesi e gli addetti devono lavorare 24 ore 24 su tre turni da 8 ore. La Regione non è disposta a sopportare ulteriori disagi” si era lamentato l’assessore Marco Falcone, al telefono, con l’amministratore delegato di Anas, Massimo Simonini. Il governo Musumeci da sempre ha inasprito i toni nei confronti di Anas, che aveva risposto a marzo con un report completo sullo stato della A19: dieci cantieri attivi e nuova pavimentazione per 318 dei 394 chilometri complessivi. Ma i miglioramenti non riguardano certamente il tratto di Resuttano, ponte Cinque Archi, Caltanissetta, fino ad Enna. Dove sono numerosi restringimenti e gincane e gli automobilisti sono colti da frequenti segnali d’allarme, del tipo: “Deviazioni multiple, prestare attenzione”. Sembra di calarsi in una dimensione nuova, quella delle “trazzere”, dove per fortuna il traffico è meno frequente rispetto agli snodi cruciali dell’Isola.

E sempre su quell’arteria – dimenticarlo sarebbe un’offesa alla memoria – da quasi cinque anni è crollato il viadotto Himera, e deve ancora cominciare la ricostruzione di tre campate in acciaio nonostante il bando sia stato pubblicato in Gazzetta ufficiale a febbraio del 2018. “Come può essere – ha tuonato Musumeci al meeting di Rimini qualche giorno fa – che per il pilone dell’Himera, dopo cinque anni non c’è ancora nulla, e per il Morandi, e me ne compiaccio, c’è già la prima gettata di cemento nonostante sia crollato l’estate scorsa?”. Da tre anni, in direzione Palermo-Catania, si rimedia con una uscita obbligatoria a Scillato.

Cambiando versante, sulla Palermo-Messina, che in realtà è lunga 183 km e parte da Buonfornello, va segnalata un’altra anomalia oltre ai caselli automatici che lo scorso weekend hanno fatto cilecca. Ossia le colonnine d’emergenza, quelle per segnalare gli SOS, ricoperte dal celophane. Una situazione incresciosa, perdurante da anni, che in altri Paesi del mondo equivarrebbe alla chiusura permanente dell’arteria. Qui è derubricata a qualcosa di “normale”, come se in autostrada non fosse lecito stare male o aver bisogno di qualcosa. Finché ci si abituerà a questi scandali, sarà difficile chiedere il cambiamento.

Sul versante tirrenico, come segnalato più volte anche da Buttanissima, non mancano le problematiche. La prima si chiama Letojanni: nel 2015 il crollo, solo adesso l’aggiudicazione dei lavori per la rimozione della frana attraverso l’apertura di due gallerie che consentano di “aggirare” 50 mila metri cubi di detriti, dove ormai cresce rigogliosa la vegetazione, che ha tumulato la strada. C’è anche un’indagine aperta dalla Procura per disastro ambientale in concorso. I lavori dovrebbero cominciare a ottobre e terminare nel 2021, quando finalmente la doppia corsia verrà restituita alla pubblica fruizione (si spera).

Intanto, a Ferragosto, i lavori che proseguono a passo di lumaca all’interno dell’unica galleria che collega i Giardini Naxos alla perla dello Ionio, Taormina, hanno provocato due ore e quasi dieci chilometri di coda. Anche ieri è stato registrato il caos fra Taormina e Fiumefreddo, con bus e auto costrette a circolare per un lungo tratto a corsia alternata. I turisti sono rimasti intrappolati nel traffico, e gli albergatori – dato che si rischia di mandare all’aria il sistema dell’accoglienza e della ristorazione – si sono fatti sentire. In sostanza, il Consorzio Autostradale Siciliano, responsabile di quel tratto, a causa di carenze progettuali lo scorso 5 agosto ha formalizzato la rescissione del contratto nei confronti dell’impresa che si era aggiudicata i lavori di ristrutturazione della galleria (dove cadono pezzi di cemento, si infiltra acqua e mancano le condizioni di sicurezza). Ma la rescissione di rischia di portare all’apertura di nuovi contenziosi – non della galleria, al momento esclusa – e soprattutto a indire una nuova gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori. Si rischia di perdere un altro anno.

Se ne sono persi abbastanza, invece, nel Sud dell’Isola. Dove di autostrade manco a parlarne. E’ il caso della Ragusa-Catania, legata a un progetto fantasma che il Cipe non vuole convalidare e che Toninelli ha stravolto per l’ennesima volta prima di fare le valigie e abbandonare il governo. E della Siracusa-Gela, il cui nome infonde un senso d’ira e di ingiustizia senza precedenti. Perché il collegamento con Gela non esiste e non è mai esistito. L’autostrada termina a Rosolini, dopo aver attraversato i centri di Avola, Cassibile, Noto e una cinquantina di chilometri. Poi, nei pressi di Ispica, al confine ragusano, si notano alcune pile disposte lì chissà da quanto e mezzi sospesi in aria che non librano più. E ci si interroga su chi sia l’artefice del caos: se la politica incapace, se la burocrazia inadempiente, o le imprese rassegnate. Ma che si tratti di una vergogna nessuno ha la forza di ridire.