23 marzo-16 luglio 2016. E’ solo l’ultima parte della vita di Bernardo Provenzano. Quella che torna di moda oggi dopo il pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia per aver applicato in modo non giustificato il regime del 41-bis nei confronti dell’ex boss di Cosa Nostra, ridotto a un infermo. Secondo i giudici, il ministero della giustizia italiano ha violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. La Corte, invece, non ha minimamente contestato la scelta di confermare, anche nel periodo indicato, il regime di detenzione di “Binnu”. In sostanza: carcere sì, ma non al 41-bis.

La Corte di Strasburgo, nel dispositivo, scrive di “non essere persuasa che il governo italiano abbia dimostrato in modo convincente che il rinnovo del regime del 41-bis” avvenuto a marzo 2016 “fosse giustificato”. Le funzioni cognitive di Provenzano, che risultavano peggiorate già nel 2015, nel 2016 erano “estremamente deteriorate”. La “gravità della situazione”, osservano i giudici, doveva quindi essere presa in considerazione con maggiore attenzione nel decidere il rinnovo del 41-bis. Inoltre, accusano i togati, manca “una valutazione autonoma del ministero della Giustizia sulle condizioni di Provenzano al momento del rinnovo del 41 bis”. A segnalare lo stato di degrado di Provenzano furono soltanto i medici, che ritennero lo stato di salute del soggetto “incompatibile con il regime carcerario”, aggiungendo che “l’assistenza che gli serve è garantita solo in una struttura sanitaria di lungodegenza”.

Tuttavia Strasburgo ha dato ragione all’Italia nella parte in cui si dichiara favorevole alla conferma del carcere e che “la detenzione di Provenzano non può essere considerata incompatibile con il suo stato di salute e la sua età avanzata”. Per questo ha rigettato la richiesta di risarcimento (150 mila euro d danni morali) presentata dal pool di avvocati del pluri-condannato. Gli avvocati di Binnu chiesero per due volte la revoca del 41-bis e per tre volte la sospensione dell’esecuzione della pena.

La decisione di punire l’Italia per la “sostanza” del regime carcerario ha suscitato, va da sé, un fiume di indignazione. “La Corte Europea di Strasburgo – è il commento del ministro dell’Interno, Matteo Salvini – ha ‘condannato’ l’Italia perché tenne in galera col carcere duro il ‘signor’ Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte. Ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia decidono gli Italiani, non altri”. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha preferito non commentare la vicenda, ma ha ribadito che il 41-bis non si tocca. Di diverso tenore il pensiero di Angelo Provenzano, figlio del capomafia: “Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del Diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41-bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere”.