Schifani e Meloni scomoderanno il Teatro Massimo di Palermo, a una manciata di giorni dall’apertura delle urne, per presentare il nuovo Accordo di Coesione che consentirà alla Regione di usufruire di circa 6,8 miliardi, a valere sulla programmazione europea 2021-27. Una cifra che rappresenta il 21% dell’intera dotazione nazionale. Già questo – la vicinanza con l’appuntamento elettorale – ha fatto imbizzarrire le opposizioni, che non hanno risparmiato critiche al governo regionale: “Una manifestazione elettorale a spese dei cittadini, in pieno stile Wanna Marchi”, l’ha definita il capogruppo del Pd all’Assemblea regionale, Michele Catanzaro. Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle hanno protestato per il mancato coinvolgimento del parlamento sulle decisioni assunte; si sono lagnati per il contenuto dell’Accordo, che diventerà ufficiale soltanto lunedì alle 16; hanno preso malissimo la storia degli 800 mila euro destinati alla realizzazione dei termovalorizzatori e lo “scippo” di oltre un miliardo (citofonare Salvini) per la costruzione del Ponte sullo Stretto.

Non si sono ribellati abbastanza, però, quando i fondi dell’Europa sono andati persi in mille rivoli, specie nella fase in cui – per mancanza di tempo, di progettualità e di competenze – il governo ha deciso di rimodularli, destinandoli a interventi parcellizzati, se non addirittura alla spesa corrente, piuttosto che agli investimenti strutturali (è accaduto alla fine dell’anno scorso, per evitare di dover restituire a Bruxelles oltre un miliardo). Ma soprattutto se ne sono rimasti in silenzio quando gli stessi soldi dell’Europa, in modo banalotto e un po’ volgare, sono andati perduti in progetti senza capo né coda, come nel caso di SeeSicily.

La dimostrazione è il caso Cannes: 3,7 milioni a valere sul Fesr (ossia un’altra dotazione rispetto ai fondi di sviluppo e coesione di cui si parlerà lunedì al Massimo), che l’Europa si è ripresa dopo la decisione di Schifani di sospendere in autotutela l’affidamento diretto nei confronti di Absolute Blue per organizzare il secondo shooting su donne e cinema in Costa Azzurra. Se è vero com’è vero che si è evitato il peggio – basti rivedere le contestazioni del Tar e l’assenza dei requisiti di trasparenza ed esclusività da parte dei potenziali beneficiari – ciò non è bastato a evitare una pessima figura, dato che quel tesoretto non poteva essere utilizzato in modo diverso. E’ stato restituito, punto. A sfogliare certe dichiarazioni del passato, e avendo ben presente la presa esercitata da Fratelli d’Italia sul settore, il pronostico era tutt’altro che impossibile.

Nel 2022, infatti, di fronte alle pressioni del Pd (che contestava l’utilizzo di un paio di milioni per la prima partecipazione alla Mostra del Cinema, con le stesse modalità), l’ex assessore al Turismo, Manlio Messina, si fece scappare una frase: “Non sono fondi regionali, sono fondi europei che abbiamo a disposizione proprio per la promozione turistica”. Nel secondo atto, bloccato in extremis, la promozione turistica si pensava di farla così: 920.206 euro per l’affitto dell’Hotel Majestic, e l’allestimento di “Casa Sicilia”, 306.400 euro per “pannelli pubblicitari fuori sala e dentro sala”, 511 mila euro per “animazioni, conferenza stampa e consumi”, e ben due voci di spesa per la manodopera, rispettivamente da 169.860 e 618.428 euro.

Anche il programma SeeSicily, come testimoniato dalle più recenti conclusioni dell’Audit regionale, è stato un fallimento e ha finito per creare, oltre al danno d’immagine (un classico), un buco di bilancio: ritenendo “non ammissibile” la spesa di dieci milioni per gli albergatori, la commissione UE ha trattenuto quella cifra, costringendo la Regione – che l’aveva anticipata per garantirsi l’acquisto dei voucher (tra servizi e notti gratis) da destinare alle strutture ricettive – a metterci una pezza. Come? L’Assemblea regionale sarà obbligata a votare una variazione o un debito fuori bilancio. Ma non è solo colpa degli albergatori, che hanno trattenuto i voucher. E’ colpa, soprattutto, di chi ha pensato la misura e deciso di ripartire le somme in maniera dissennata, come testimonia l’aumento del plafond per la comunicazione fino a sforare i 24 milioni (dai 4,8 di partenza).

Nel 2021, ad esempio, i fondi Fesr hanno finito per lucidare i bilanci dei grandi colossi editoriali, per trasmettere l’immagine di un brand vincente e di un governo sempre più affamato (di visibilità e potere): 756 mila euro a Publitalia ‘80 (concessionaria Mediaset) per una campagna pubblicitaria di un mese e mezzo, dal 14 giugno al 30 luglio 2022, più altri 732 mila per spot in onda dal 27 novembre al 12 dicembre dello stesso anno; 731 mila a Rai Pubblicità per promuovere il Natale nell’Isola. Per far danzare il brand Sicilia nel programma di Milly Carlucci “Ballando con le stelle” sono stati pagati a RaiCom 414.800 euro per gli spot d’autunno. Anche il gruppo Cairo ha fatto la parte del leone: 181 mila euro per promuovere SeeSicily su La7, più altri 175 mila per spazi sul Corriere della Sera.

Ma è nell’anno contabile 2022-23 che la spesa per la comunicazione diventa strabordante: 12,7 milioni. Uno rimpolperà le casse del gruppo Rcs Sport di Urbano Cairo per l’allestimento di alcune vetrine promozionali in occasione dei “SeeSicily Gazzetta Sport Days”, in programma a Segesta e Palermo. L’Audit regionale – e qui la questione rischia di deflagrare – mette in dubbio che «l’ultima rimodulazione del quadro economico», che vede accrescere i fondi destinati alle vetrine promozionali, sia «coerente rispetto al Piano operativo». Anche dal punto di vista tecnico potrebbero esistere, anzi esistono già, delle anomalie, a partire dall’«assegnazione diretta ingiustificata» di alcuni servizi e forniture. Sarebbe servita una gara, o almeno una procedura negoziata.

Più che i tecnicismi, però, importa il concetto di fondo: cioè l’allegra gestione della spesa perché tanto “non sono soldi nostri”. Prima di consegnare un altro malloppo nelle mani di Schifani, Giorgia Meloni – che ha già firmato l’Accordo di Coesione con altre quindici regioni, la Sicilia è fra le ultime – dovrebbe assicurarsi che questa quantità di risorse, per non trasformarsi in un fondo di sprechi e ritardi, venga utilizzato con coscienza, come farebbe il buon padre di famiglia. L’elenco delle opere illustrato in queste ore dai giornali – al netto di Ponte e termovalorizzatori – è interessante. Ma una parte dei soldi, ad esempio i 290 milioni destinati ai progetti di irrigazione, si sarebbero potuti spendere diversamente se i Consorzi di Bonifica (gli utilizzatori finali) fossero stati in grado di non farsi bocciare i 31 progetti a valere sul PNRR (un’altra pessima figura balzata agli onori delle cronache: era il 2021) per un totale di 400 milioni circa. La Meloni dovrebbe assicurarsi che la Sicilia si occupi in maniera intelligente di energia e rifiuti, ma anche di depurazione e condotte idriche: perché è inutile prevedere investimenti su tre dissalatori (per quasi 70 milioni) se non si riesce a ripulire gli invasi dai detriti o a evitare le sanzioni dell’UE a causa delle reti colabrodo.

Ciò che suona un po’ strano, nella bozza che il governo Schifani proverà a ritoccare fino all’ultimo, è la la prospettiva di 135 milioni per le imprese del comparto alberghiero ed extra-alberghiero, cioè le stesse che avevano ricevuto i voucher e non sono riusciti a piazzarli, comportando il “taglio” da 10 milioni (per ora) della Commissione UE. La Regione, precipitosamente, aveva chiesto la revoca dei contratti per le strutture inadempienti, ipotesi bocciata da alcuni autorevoli pareri legali. Adesso il ritorno di fiamma per le strutture turistiche, pur in assenza del Covid. Ci sono anche 15 milioni per le produzioni cinematografiche e audiovisive. Vecchie passioni che non tramontano mai.