Il morbo della corruzione attanaglia il sistema dei rifiuti. Lo scandalo della Sicula Trasporti, se da un lato è la conferma della commistione fra il malaffare e settori della pubblica amministrazione, dall’altro rilancia le velleità della Regione. Nello Musumeci, intervenendo a margine dell’arresto di Nino Leonardi, ha annunciato “il completamento dell’iter del Piano dei rifiuti, che è già stato esitato positivamente dalla Commissione Via-Vas e che entro 90 giorni verrà adottato dalla giunta”. E’ l’unico strumento per ovviare all’emergenza e contrastare il predominio delle discariche dei privati. La cui unica ambizione è arricchire il proprio conto in banca, e non – piuttosto – la salvaguardia del ciclo dei rifiuti in una logica di economia circolare. Ma c’è un problema: il “piano dei rifiuti” all’Ars non è ancora arrivato. Più di un anno fa, una bozza venne bocciata dal Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. “Il testo arrivò in Commissione un anno fa – ricorda Giampiero Trizzino, deputato regionale dei Cinque Stelle e “facilitatore” nazionale sui temi ambientali – ma lo contestammo perché era troppo generico. Qualcuno ci accusò di fare un ostruzionismo persino un po’ violento”.

Nella relazione del Ministero si disse, addirittura, che il testo fosse sgrammaticato. Al di là di questo, cosa mancava?

“Ad esempio, faceva solo una ricognizione degli impianti esistenti e in costruzione, senza dire quale strategia e quali scenari dovevano prevedersi. Rimandava questi passaggi ai singoli ambiti territoriali. Ma in realtà una regia è necessaria. Il regista deve dire se preferisce gli inceneritori alle discariche, quali sono le aree non idonee alla costruzione degli impianti, chi deve gestire cosa. Se non vengono fissate delle linee generali, c’è il rischio che domani arrivi un privato e faccia come gli pare. Rimandare al singolo ambito, però, rischia di creare un modello di gestione per Palermo, uno per Catania… Così non può funzionare. Se il piano verrà ripresentato in questa forma, noi ci opporremo”.

Perché è così importante il piano dei rifiuti?

“Il piano rifiuti è come il piano regolatore generale di una città. Chi vuole costruire una casa può agire in due modi: commettere un abuso e fregarsene, o seguire le regole dello strumento urbanistico. Senza piano dei rifiuti, accade che chiunque possa presentarsi con un progetto alla Regione e affidarsi al destino”.

La sua assenza è sintomo di deregulation.

“Senza un piano regionale, quindi senza una mappatura dei fabbisogni di ogni singola provincia, non puoi sapere quanti rifiuti vanno in discarica, quanti nell’inceneritore, quanti nell’impianto di compostaggio, e così via. E così i privati sono liberi di progettare gassificatori giganteschi senza alcuna utilità o richiedere ampliamenti, come avvenuto a Lentini, senza che qualcuno possa opporsi. Da un lato c’è l’imprenditore che non ha paletti né limiti, e si sente libero di fare ciò che vuole; dall’altro il dirigente da cui passa la valutazione d’impatto ambientale e, senza uno schema, non può dirgli di no. La mancanza di regole certe, apre ad una discrezionalità che in passato si è dimostrata estremamente pericolosa. Quello dei rifiuti è diventato un terreno troppo fertile. La Sicula Trasporti fattura 90 milioni l’anno, il giro d’affari è enorme. Queste condizioni, in una terra come la Sicilia, possono dar luogo a fenomeni di illegittimità come quello al quale stiamo assistendo oggi”.

Musumeci rispetterà la tempistica dei 90 giorni che si è appena dato?

“Le dico solo che dalle osservazioni del Ministero dell’Ambiente sul piano regionale è passato già un anno. Troppo tempo per chiudere un iter che andrebbe ultimato in meno di tre mesi. In ogni caso, una volta superato il varco, il piano tornerà in IV Commissione per un parere e poi andrà in giunta, dove sarà il presidente della Regione a renderlo operativo. Io non dubito del fatto che Musumeci voglia risolvere la questione, ma è troppo lento e gli atti che ha prodotto fino ad oggi, riforma legislativa compresa, non risolvono nulla”.

Nella relazione del Ministero dell’Ambiente, sorprese il richiamo ai due termovalorizzatori. Si disse che anche i Cinque Stelle avevano cambiato idea.

“E’ un retaggio del Decreto Sblocca Italia, voluto da Matteo Renzi. Il Ministro Costa ha chiarito sia in audizione alla Camera che in altre occasioni che il ciclo dei rifiuti va gestito secondo un’ottica di economia circolare e che l’incenerimento non è una soluzione compatibile con questa strategia”.

Però a Lentini, per restare in tema, si progetta un gassificatore. La firma, manco a dirlo, è della famiglia Leonardi che ha avviato un’istruttoria alla Regione. Qual è la differenza rispetto a un normale termovalorizzatore?

“Entrambi sono sistemi di termodistruzione, dove il rifiuto anziché essere recuperato viene bruciato. Mentre il termovalorizzatore è quello che nell’immaginario collettivo – ha presente la classica torre dei cementifici? – brucia i rifiuti, nel gassificatore la combustione avviene ad altissime temperature ed in presenza di ridotte quantità di ossigeno. Tra l’altro per alimentare queste macchine non basta solo il rifiuto, ma si deve aggiungere il coke, con tutte le conseguenze che ne derivano. Anche volendo sfruttare tecnologie all’avanguardia, non è affatto vero che non inquinano e non è affatto vero che non producono residui”.

Pensa che arriveranno tutte le autorizzazioni, alla luce di ciò che è accaduto in questi giorni?

“La Sicula Trasporti ha due contese con la Regione: l’allargamento della discarica di Lentini per ulteriori 4,5 milioni di metri cubi e il gassificatore. Una delle contestazioni che viene mossa, su questo secondo aspetto, è quella che ho ribadito più volte a Musumeci durante il dibattito in aula sulla riforma e sulla quale si è soffermato anche Aurelio Angelini, l’uomo a capo della commissione Via-Vas, in sede di valutazione di impatto ambientale: questo gassificatore, così come le discariche, viene progettato senza stabilire il reale fabbisogno degli ambiti territoriali. Considerato che la raccolta differenziata è salita al 40% e che l’ambito nel quale si trova la provincia di Catania non produce tutta questa mole di rifiuti, cosa ci metteranno dentro? Cosa bruceranno?”.

Sta dicendo che bisognerà importare i rifiuti da fuori?

“Tutti i sistemi di termodistruzione hanno un limite. Le nuove normative europee impongono che puoi distruggere soltanto il 20% dei rifiuti, perché l’80% devi differenziarlo. Al giorno d’oggi, questi impianti sono anti-economici, a meno che non prendi la monnezza da un’altra parte. Ma non si può fare: la legge nazionale dice che i rifiuti si gestiscono sulla base del principio di prossimità. Fatta questa premessa, la domanda sorge spontanea: a chi fa bene il gassificatore? All’ambiente siciliano o alle tasche di chi lo costruisce?”.

All’Ars è ancora in ballo la legge di riforma sui rifiuti. Quando le opposizioni affossarono l’articolo 1, Musumeci ebbe da ridire e vi accusò di voler favorire qualcuno. I privati?

“E’ una sciocchezza. Con la riforma dei rifiuti non favorisci nessuno. Il massimo che puoi fare è ridurre gli ambiti territoriali da 18 a 9, e magari cambiargli nome. Ma che c’entrano i privati? Cosa vuole che importi ai Leonardi se si chiamano Ato, Srr o Ada, o chi debba essere – se un sindaco metropolitano o di un piccolo comune – il presidente dell’autorità d’ambito? Il privato lo favorisci o lo limiti con un atto amministrativo, come il “piano dei rifiuti”, su cui scrivi: questa cosa si può fare, quest’altra no. Non puoi introdurre i paletti in una riforma legislativa sulla governance, che tra l’altro non può produrre alcun effetto sui procedimenti amministrativi in corso, dunque, ad esempio, anche quelli che riguardano Sicula Trasporti”.

Però è anche vero che è impossibile troncare con i privati dall’oggi al domani, o il sistema rischia di andare in tilt.

“Questo è un discorso vecchio come il mondo. Di impianti pubblici in Sicilia ne esistono (da Palermo a Trapani), il problema è che sono stati gestiti male. Se si riuscisse a farlo in maniera organica, non sarebbe necessario concedere questi ampliamenti ai privati. Musumeci in aula ha detto di essere contrario agli impianti privati, ma il più grande ampliamento della storia l’ha concesso lui alla discarica dei Leonardi, nel 2018. Di che stiamo parlando?”.

Però ha portato la differenziata al 40%, livelli mai raggiunti prima.

“Può arrivare anche al 90%, ma se non utilizzi il materiale trattato a che serve? A volte il prodotto finale della raccolta differenziata è talmente di bassa qualità che le piattaforme private non lo vogliono, perché non hanno macchinari adeguati per smaltirlo. Più volte ho fatto rilevare che è aumentata la raccolta differenziata, ma non sono aumentati gli impianti che la trattano. Del 40% che viene computato, qual è la percentuale reale?”.