Le argomentazioni a favore del monologo di Chiara Ferragni sono prevalentemente due: “Comunque lei arriva allo spettatore” e “comunque lei ha detto quello che pensa”. Ed è proprio mettendole insieme che si arriva al totale fallimento del monologo stesso. Perché il suo è stato un discorso costruito esclusivamente su queste basi, “arrivare” e “dire quello che si pensa”.

Forse c’è chi si dimentica che quella del monologo è un’arte secolare e che raccontare una storia da soli su un palcoscenico in modo che non diventi una celebrazione onanistica, è davvero difficile.
Ferragni ha inanellato una serie di banalità autoriferite parlando di sé in terza persona, tipo Papa, e addirittura indirizzandosi una letterina piena di insopportabili frasi vittimiste.

“Arrivare” e “dire quello che si pensa” è la cosa più facile del mondo, basta prendere la prima scemenza che ci passa per la testa e metterla su un veicolo che la distribuisce a trenta milioni di persone contemporaneamente. Arriva per inerzia, come per inerzia arrivano certe scempiaggini dei social: è il mezzo che fa il lavoro, non il contenuto veicolato.

Un monologo è altra cosa. È pensiero che si insinua, è suggestione, è narrazione. Non importa se si racconti il bello o il brutto, il bene o il male, è importante che quel bello o quel male rivivano in noi grazie alle parole giuste. È il compito dell’arte o, se preferite, della creatività (o del genio) quello di creare suggestioni.

Il fatto che Ferragni abbia 28 milioni di followers non significa che esistono 28 milioni di imbecilli che la seguono perché altrimenti confonderemmo la quantità con la ragione pura. Significa che 28 milioni di persone sono incuriosite o attratte da lei, come simbolo e come prodotto. La storia, soprattutto quella tragica delle grandi ingiustizie, ci ha insegnato a diffidare dai numeri spacciati per certificazione di pensiero limpido (i grandi dittatori sono tali proprio grazie al consenso). La cronaca ci insegna che chiedere qualità è un’abitudine che abbiamo perso da quando è stato deciso che il merito è solo un appretto per stirare le camicie. (tratto da Instagram)

Foto tratta dal profilo Instagram di Chiara Ferragni