Caterina Chinnici non è tagliata per certe cose. Ma se l’obiettivo è ottenere il terzo mandato in Europa, deve starci. E’ con questo spirito che sabato pomeriggio, alle Ciminiere di Catania, ha accolto l’invito di Raffaele Lombardo per una convention a tinte Mpa in cui l’europarlamentare ha dato prova delle sue competenze, che poco c’entrano, però, con la politica e la campagna elettorale più spregiudicate. Ed è con lo stesso spirito che si presenterà a Villa Malfitano, a Palermo, di fronte agli amministratori locali e ai sostenitori di Forza Italia, che almeno vorranno capire chi votare e perché.  L’avventura di Chinnici in Europa parte da una diffidenza di fondo che pochi giorni di passerella, in giro per le province, non potrà colmare: e cioè il fatto che lei è realmente la “straniera” in casa d’altri.

Straniera perché non è una politica di professione, e non lo era nemmeno ai tempi del Pd, quando venne candidata per i capelli alla presidenza della Regione contro Schifani; doppiamente straniera perché ha abbracciato il berlusconismo, e tutto ciò che ne deriva, senza nemmeno saperne il motivo. Il Pd era andato troppo a sinistra, i Socialisti europei pure, e con la nuova segretaria Elly Schlein, nonostante la stima di fondo, mancava una “certa” condivisione dei valori. La spiegazione della Chinnici, però, non ha mai convinto nessuno; tanto meno i berlusconiani, che se la sono ritrovata in casa, con la sua indole da magistrato integerrimo e rigido, attento alla questione morale e incline al pugno duro (basti ricordare l’ultima campagna elettorale con il Pd e l’esclusione di Peppino Lupo, oppure le barricate per respingere l’ingresso nel partito di Cuffaro e i suoi, un anno fa a Taormina).

E’ chiaro che se Chinnici facesse la campagna che ama fare, nelle scuole e per convegni, non tirerebbe su un voto. Qualche giorno fa ha pubblicato sui social il post relativo a un incontro politico-culturale organizzato dall’Associazione Nazionale Donne Elettrici di Catania dal titolo “Cultura politica per una Europa unita”, a cui però avrà partecipato una quindicina di persone (nella foto qui a fianco). Una sala vuota, in piena campagna elettorale, non è un segno di grandezza ma di debolezza. Non significa stare tra la gente, ma essere avvolta dall’abisso. Chinnici, magistrata e figlia del giudice Rocco (ammazzato dalla mafia nell’83), persona specchiata ed equilibrata, ha il compito, quasi il dovere, di scendere nella gabbia dei leoni se vuole conquistarsi un seggio a Bruxelles e farsi portavoce del disagio di Sicilia e Sardegna. Altrimenti tutto rischia di apparire vacuo, utile a un mero tornaconto personale. E sappiamo benissimo che non è così… “Siamo gente abituata ad andare a cercare i voti”, disse Tamajo nel giorno della presentazione della lista. Un chiaro messaggio agli ospiti di ogni ordine e grado.

C’è voluto Raffaele Lombardo, che peraltro non è iscritto a Forza Italia, a farla sfilare di fronte al simbolo e a una platea di persone che non vedevano l’ora di pendere dalle sue labbra. Chinnici, come riportato da Sud Press, ha aperto il suo intervento sottolineando l’importanza dell’Europa per la Sicilia e il suo impegno nel rappresentare la regione a Bruxelles. Ha ricordato gli inizi della sua attività politica come assessore alla Famiglia ed Autonomie Locali nel governo Lombardo, rivendicando importanti ed innovative iniziative legislative che hanno anticipato quelle nazionali. E infine ha rivendicato – è un continuo rivendicare – il proprio contributo (europeo) al varo di una legislazione antimafia che ha innovato gli strumenti di lotta nei confronti delle organizzazioni criminali. Al suo fianco, oltre a Lombardo, s’è materializzato per la prima volta anche il presidente della Regione Renato Schifani, che però ha già scelto di salire su un altro carro: quello di Edy Tamajo.

Tamajo è l’antitesi di Chinnici. Un assessore attivo, quasi ubiquo in questi giorni; possiede le stimmate del politico, bravo ad incantare (con le parole) ma anche a dare risposte (coi contributi erogati dalle Attività produttive). Fra i due non ci sarebbe partita, e probabilmente non ce ne sarà. Però Chinnici ha trovato il traino giusto: Lombardo è un eccellente stratega e, in cambio di un risultato all’altezza della sua candidata, che finirà comunque per ingrossare il bottino di Forza Italia, sa già cosa chiedere dopo (si vocifera di un secondo assessore alla Regione). Chinnici, che gioca per sé, ha trovato il sostegno dei suoi califfi. Non solo il leader autonomista, ma anche i vari Tajani, Schifani, Cuffaro. Persino Totò, respinto sul pianerottolo di casa, rinnegato sull’altare del perdono, tornerà utile per far fare a Forza Italia il salto di qualità. E chissà che non siano i voti della Dc a garantire al partito quel secondo seggio che fino a ieri – sondaggi alla mano – sembrava quasi una chimera.

Chinnici dovrà superare gli imbarazzi di questi giorni, indossare la maschera delle grandi occasioni, e dimostrarsi immune rispetto alle critiche, alle domande, ai fastidi. Fingendo che Forza Italia non sia il partito di Berlusconi e Dell’Utri, quest’ultimo condannato per concorso esterno alla mafia; fingendo che uno dei suoi maggiori sostenitori, Gianfranco Micciché (Caterina ha partecipato anche un incontro con l’ex presidente dell’Ars all’NH Hotel di Palermo, quella volta in tandem con Marco Falcone) non abbia portato il gatto dal veterinario con l’auto blu e non sia indagato per peculato e truffa; fingendo che Totò Cuffaro, non sia uno dei grandi elettori del partito in cui “milita” anche lei. E non basterà, non più, l’affermazione di “un’assoluta indipendenza da logiche di schieramento”, come le ha riconosciuto ieri Lombardo. Perché suonerebbe – anzi, suona – come una maccheronica presa in giro per chi barrerà il simbolo di Forza Italia nella speranza, o nel tentativo, di mandare in Europa qualcuno che incarni il credo del Cav. e di un partito moderato, liberale, garantista. Che sposi i valori dei Popolari europei e riavvicini la Sicilia al continente. E invece la capolista è lei.

Significherebbe montare sul taxi senza pagare la corsa, e questo è un messaggio fuorviante per gli elettori e pure per gli iscritti. Non servirà neppure la prova di domani a Villa Malfitano: Renato Schifani si è defilato perché al Teatro Massimo arriva Giorgia Meloni per la firma dell’Accordo di Coesione dal valore di 6,8 miliardi. A fare gli onori di casa sarà un altro transfugo: quel Marcello Caruso che fino a pochi anni fa si dilettava alla guida dei renziani palermitani. Oggi è il commissario regionale del partito dell’accoglienza. Salvini lo chiamerebbe taxi del mare. E Chinnici ci è saltata su senza sapere come. Buon viaggio.