Ieri doveva essere una giornata storica, quasi di festa, con l’ok del Cipe – il comitato interministeriale per la programmazione economica – che avrebbe dovuto emettere l’ultimo verdetto sulle sorti della Ragusa-Catania: poco meno di 70 km di superstrada, in attesa del finanziamento e dell’approvazione definitiva. Invece non c’è stata alcuna riunione, solo un altro rinvio. “Motivi tecnici” sussurrano dal Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti. Ragusa resta l’unica provincia siciliana senza un chilometro d’autostrada, ma il sindaco del comune capoluogo, Peppe Cassì, non dispera: “Per quest’opera non serve né esultare né deprimersi; continuo invece a sentire addosso il dovere di far presente a tutti i livelli che Ragusa aspetta da trent’anni un’infrastruttura semplicemente necessaria, non un lusso. Continuerò a farlo, ormai vogliamo vederla tutta”.

Più i tempi si dilatano, più i toni d’abbassano. Un campanello di rassegnazione. Ci sarebbero da riassumere almeno vent’anni (trenta secondo Cassì) di vicende poco chiare. Ma ci limitiamo al passato più recente: esattamente un anno fa, i ministri Lezzi e Toninelli, che avevano convocato a Roma i sindaci speranzosi, annunciano in diretta Facebook che entro metà gennaio (2019), il Cipe avrebbe chiuso la questione e approvato l’opera (“Finalmente diventa realtà” disse la Lezzi). Un’illusione. Poi, a metà luglio, ecco la marcia simbolica dell’ex segretario regionale del Pd, Davide Faraone, lungo la statale 514, che nel tempo ha seminato proteste, indignazione e 500 morti: “E pensare che coi nostri governi avevamo già espropriato i terreni” disse l’attuale capogruppo di Italia Viva al Senato. Infine giunse il tempo delle tavole rotonde con Giancarlo Cancelleri, nominato vice-ministro alle Infrastrutture, la garanzia che a Roma – finalmente – prendessero la situazione di petto.

In mezzo a queste vicende, le più iconiche, qualcosa è successo. Il secondo governo Conte, infatti, ha pensato di sfilare il progetto dalle mani dei privati – il gruppo Sarc di Bonsignore, concessionario del project financing (per 800 milioni) dal 2007 – e realizzare la strada con fondi statali e con l’Anac come soggetto attuatore. Lo scopo è nobile: eliminare i costi del pedaggio. Ma il cambio del soggetto attuatore, sulla base di una valutazione fornita da tre periti incaricati dal Ministero, pesa sulle tasche dello Stato per ulteriori 40 milioni di euro. Soldi che, non appena arriverà il via libera del Cipe, e sulla base di un accordo economico per la cessione ad Anac, verranno girati alla società di Vito Bonsignore, che prima di dedicarsi alle grandi opere, aveva flirtato con la politica: sia da parlamentare europeo e nazionale, che da sottosegretario del governo Andreotti.

Ma che questa parabola della superstrada sia un tantino sbilenca, lo dimostrano le ultime scoperte de “Il Fatto Quotidiano”: ci sarebbe una “scrittura interpretativa” della concessione della Ragusa-Catania, relativa al 2016, firmata da Ministero e Sarc, in cui al concessionario non spetterebbero né indennizzi né rimborsi in caso di mancata approvazione del progetto definitivo (o del piano economico-finanziario dell’opera) da parte del Cipe, tanto meno nel caso in cui – in caso di progetto già approvato – Bonsignore non fosse stato in di recuperare, entro un anno, i finanziamenti per completare i lavori (ma quali banche gli avrebbero concesso somme così elevate?) Secondo il quotidiano c’erano tutti gli strumenti utili per far uscire di scena Bonsignore (da solo) e stoppare questo regalino di Natale. Quaranta milioni, per altro, non ancora “deliberati” a causa del rinvio.

Intanto la valutazione dell’opera è cresciuta. Oggi vale circa 850 milioni. Un numero che non aiuta a cancellare alcuni interrogativi sul reperimento delle finanze. Lo Stato, che in prima istanza aveva co-finanziato il project financing per 149 milioni di euro, ha chiesto alla Regione siciliana un anticipo per ulteriori 387 milioni di sua competenza, che avrebbe restituito a Musumeci a seguito a una rimodulazione di fondi per la progettazione infrastrutturale in Sicilia. Il governo regionale, che da par suo aveva ì messo in preventivo un investimento corposo (da oltre 200 milioni), sulle prime s’è irrigidito, ma nell’ultimo vertice di una settimana fa con Cancelleri si è impegnato a far propri i nuovi accordi e concedere il “prestito”. Tra le altre cose, il presidente della Regione avrebbe ottenuto (e otterrà) la nomina a commissario straordinario, con un emendamento alla legge “sblocca-cantieri”: potrà intervenire al posto di autorizzazioni, pareri o visti che verranno richiesti durante l’esecuzione dei lavori. Una mossa per snellire l’iter e arrivare all’apertura dei cantieri entro venti mesi.

Sembrava tutto fatto, ma in questa storia nulla è come appare. E proprio alla vigilia del Cipe, che sarebbe servito a chiudere quest’epopea del dubbio, è arrivato un altro stop, l’ennesimo. “Questioni di tempi tecnici, riferiti al comitato di sorveglianza” spiegano al Ministero. Cancelleri, a La Sicilia, ha detto che non c’è “nessun problema. Solo tempi tecnici ai quali abbiamo dovuto arrenderci”. Il vice-ministro, contattato anche da Buttanissima, ha preferito non aggiungere altro.

Mentre un po’ d’imbarazzo emerge dalla nota di Stefania Campo, deputata regionale dei Cinque Stelle, reduce da un colloquio con lo stesso Cancelleri: “Ho ricevuto rassicurazioni sia sugli aspetti economici complessivi che sull’accordo di base con la Regione” ha detto la deputata grillina. Che però non ha potuto fare a meno di evidenziare l’improvvisa frenata: al ministero delle Infrastrutture, infatti, “ritengono opportuno utilizzare qualche altro giorno di tempo per analizzare ancor meglio la documentazione; tempo necessario affinché non si verifichino incongruenze e, magari, involontarie ripercussioni relative all’iter finale o che, in un secondo tempo, potrebbero creare problemi al percorso futuro. D’altra parte, proprio in questo frangente il ministero è anche impegnato con il “Mille proroghe” e la legge di bilancio, è necessario quindi un po’ di attenzione e qualche giorno in più”.

Il rinvio, e una procedura più paziente, erano stati l’auspicio del Ministro per Sud, Peppe Provenzano, l’interprete più giovane di questa storia senza fine. Mentre da parte della Regione non è mai venuto meno il sostegno (l’assessore Falcone ha confermato che la Regione ha fatto quanto richiesto e rimane in attesa del disco verde). Così tutti s’interrogano per quanto tempo ancora proseguirà il giochino: che la scoperta di una exit strategy nel rapporto col gruppo Sarc, sollevata dal “Fatto”, abbia innescato un ripensamento e un nuovo tentativo per risparmiare dei soldini?