Per la proprietà transitiva, anche Gianfranco Micciché è finito nel mirino del Fatto Quotidiano, giornale fondato e diretto da Marco Travaglio. Il caso vuole che il principale bersaglio di Travaglio sia quel Matteo Renzi artefice della caduta di Giuseppe Conte, ammiratissimo dal gran direttore. Lo stesso Renzi che un mesetto fa, all’Enoteca Pinchiorri di Firenze, ospitò Micciché a cena per decidere i prossimi passi da fare in Sicilia in vista delle Amministrative di Palermo e delle Regionali. Si decise di portare un paio deputati di Italia Viva (ma nati sotto la sigla di Sicilia Futura), Edy Tamajo e Nicola D’Agostino dalla parte di Forza Italia, mediante un patto federativo che è già stato battezzato a Palazzo dei Normanni. Apriti cielo. Su Micciché e Renzi s’è scatenata la furia dell’integerrimo Travaglio. Che in un ritratto allestito sul Fatto da Pino Corrias, fa le pulci a Miccichè dagli esordi a oggi. Sfociando spesso nel dettaglio personale, come è avvenuto con la pubblicazione dei conti correnti di Renzi qualche giorno fa. Micciché viene descritto come “un uomo stupefacente, appassionato di signorine, barche, aragoste, ma sempre pensando al bene pubblico. Iracondo e insieme cardiopatico, capace di strillare e poi scusarsi”. E’ “la trottola trottante della politica siciliana, in circolazione dal lontano 1994, elezioni del 61 a zero nei collegi elettorali dell’isola, contro la gioiosa macchina di Achille Occhetto”. Ma Miccichè ha al suo attivo anche “infinite scissioni”, “partiti inventati e sciolti, litigi furenti (con i giornalisti, con Tremonti, con gli ex presidenti di Regione), e riappacificazioni con quasi tutti, salvo che con l’ex ministro Angelino Alfano e con se stesso”.