“Sono per il “sì”. Ma dobbiamo respingere le motivazioni banali che il taglio del numero dei parlamentari farebbe risparmiare soldi allo stato”. Nicola Zingaretti ha rotto gli indugi e durante la direzione nazionale del Pd, convocata appositamente, si è espresso in vista del referendum di domenica prossima. Non c’entra, però, il milione di risparmio per i contribuenti e il famoso “caffè all’anno”. “I risparmi sarebbero minimi e non costituiscono il motivo principale del sì – ha ammesso Zingaretti – Il motivo principale sta nel fatto che a questo atto possono seguire altre riforme”.

Il Pd dopo il taglio dei parlamentari proporrà il superamento del bicameralismo perfetto per l’introduzione di un bicameralismo differenziato. Lo ha confermato il segretario, facendo propria l’iniziativa di Luciano Violante: una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che va in questa direzione. “Noi non stiamo al governo a tutti i costi – ha affermato Zingaretti -, ci stiamo finché il governo fa cose utili al Paese. Nel momento in cui la Repubblica dovesse entrare in una situazione involutiva, l’impegno del Pd sarebbe inutile. Ma io non credo che siamo in questa situazione, credo anzi che le sfide che abbiamo davanti aprano nuove possibilità”.

La mappa del voto in Sicilia

Alla fine anche Musumeci è per il ‘no’. Il convegno di Diventerà Bellissima ad Agrigento è servito a prendere posizione sul referendum che il 20-21 settembre potrebbe determinare il taglio dei parlamentari: “Pensate che possa albergare in qualcuno di noi l’idea di potere sposare le follie populiste e demagogiche dei grillini? – ha chiesto il presidente della Regione alla platea – Perché se tagli 200-300 parlamentari quelli che restano sono migliori? Non possiamo mai diventare complici di questa follia: vanno tagliati i privilegi degli eletti. L’eletto dal popolo è sacro, non si elimina”.

Una linea quasi trasversale in Sicilia, che adotta pure Luca Sammartino, acerrimo rivale del governatore, e renziano di Italia Viva: “Voto no perché questa riforma fa male alla democrazia del nostro Paese ma soprattutto alla Sicilia dove assisteremo a un drastico taglio dei parlamentari che penalizzerà la rappresentanza. Le regioni del Sud sono quelle più svantaggiate, dove la battaglia dei territori viene avvertita in maniera fastidiosa dalle regioni nordiste. Con meno rappresentanti ogni singola Regione, soprattutto quelle meridionali, avranno meno voci, e sarà più difficile portare avanti le nostre istanze. Questo referendum è solo uno spot, molto amato nella prima era dell’epoca grillina. Si taglia la “Casta” senza prevedere l’efficienza del sistema. Risparmiamo? Pensate sia davvero il problema del nostro Paese? È questo che rende l’Italia meno competitiva ed efficiente? Solita propaganda che fa male”.

Fra i sostenitori del ‘no’ – che nei sondaggi è ancora molto indietro – ci sono pure gli ex grillini di Sicilia Attiva: “In assenza di una riforma completa e organica – affermano i deputati regionali Angela Foti, Matteo Mangiacavallo, Sergio Tancredi, Elena Pagana e Valentina Palmeri – il taglio dei deputati e dei senatori è solo una semplice riduzione numerica incapace di rendere il Parlamento più efficiente. Riteniamo che tagliare il numero dei parlamentari e non i maxi-stipendi significa solo gettare fumo negli occhi degli italiani. La vittoria del “sì” al referendum – proseguono – significherebbe tagliare democrazia e rappresentanza dei territori ma non interverrebbe su quanto si spende in politica. Per tagliare i costi della politica basta ridurre gli stipendi dei parlamentari e i loro benefit, invece di incidere sui costi legittimi di democrazia, partecipazione e rappresentanza dei territori”.

Una posizione più o meno simile a quella reclamata dal Pd e dal segretario nazionale Nicola Zingaretti. Prima serve un cenno d’intesa sulla riforma elettorale, che è l’unica moneta scambiare per dare il là al progetto di modifica costituzionale del Movimento 5 Stelle. Solo che il Pd – ufficialmente – non si è ancora pronunciato. Attende la direzione nazionale in programma domani. Mentre Cracolici attende un cenno dai superiori, Giuseppe Lupo si è già pronunciato: Personalmente penso che sia bene ridurre il numero di parlamentari e voterò “sì” – ha detto il capogruppo dem a ‘Il Sicilia’ -. Penso anche che bisogna cambiare la legge elettorale e spero che su questo il partito giorno 7 assuma una decisione chiara”. Assieme ai Cinque Stelle, in modo cauto, si schiera Fratelli d’Italia (che aveva votato per la riduzione in parlamento). La capogruppo all’Ars, Elvira Amata, conferma di essere a favore. Meno propenso Antonio Catalfamo, della Lega: Salvini voterà “sì”, ma senza alcuna forzatura. A preoccuparlo sono soltanto le Regioni.

Enigma dentro Forza Italia, anche se Berlusconi prima delle note vicende di salute si era già espresso per la “libertà di coscienza”: “Questo è un taglio rozzo, che non si inquadra in una riforma complessiva e avrà come effetto una riduzione degli spazi di democrazia con regioni che non saranno rappresentate adeguatamente. Sto ancora riflettendo sul mio voto – aveva spiegato l’ex premier -, ferma restando l’assoluta libertà di coscienza per i militanti e gli eletti di Forza Italia”. Posizione sui generis da parte di un ex forzista, Vincenzo Figuccia: “In linea di principio sono assolutamente favorevole al taglio dei parlamentari, perché questo snellirebbe i lavori d’aula di Camera e Senato. Per il resto non credo sia un tema prioritario per il paese e lascio ai 5 Stelle e al PD le discussioni banali e demagogiche. Questo referendum è una grande minchiata. Il mio appello ai cittadini? È arrivato il tempo che il “vaffa” lo inviamo ai 5 Stelle, non andando a votare, tanto l’esito è scontato, anche se alla fine si recherà ai seggi una bassissima percentuale di persone”.