Prendi una donna, giovane, quarantenne, spigliata in pubblico, nuova per definizione, anche se è stata uno dei volti dell’ultima, disastrosa, campagna elettorale del Pd, molto arcobaleno, progressista, ecologista, femminista al punto che “ama una donna”, piace anche a Romano Prodi, più Ztl che periferie, l’opposto dell’underdog, slogan facili da talk perché “bisogna essere inclusivi” (come?), “ricongiungersi col fuori” (quale?), outfit volutamente trasandato, più Zan che Marx. La candidi al congresso del Pd, dove si iscrive praticamente da aspirante segretario (con annessa trattativa sullo statuto) però, ci mancherebbe, “è un percorso collettivo”. Ed è fatta: come essere contrari a un percorso così perfetto che consente di dire “è cambiato tutto” senza cambiare nulla, fare i conti con la sconfitta, crocifiggere i responsabili, cospargere di napalm che correnti, in definitiva perdurare col meccanismo fin qui fatale? Continua su Huffington Post