“Ti ricordi quante volte abbiamo riso e sorriso di fronte alla morte?”. Michele Ballistreri era un mio compagno di scuola. Eravamo nati e cresciuti – così come si poteva crescere – nella profonda Sicilia, in uno di quei paeselli abbarbicati su un costone di montagna povero e pietroso. Tempi duri, tempi aspri e rasposi. Conclusa la quinta elementare, i miei e i suoi genitori ci avevano obbligato a frequentare un salone da barbiere, con le pareti dipinte di blu, uno specchio grande e un lavandino impregnato di sapone e pietra allume… L’articolo completo su ilfoglio.it