Gianfranco Miccichè è raggiante: dai numeri in suo possesso, e al netto di eventuali sviste dettate da euforia e dati ancora incompleti, consacra Forza Italia come il primo partito a livello regionale. Non succedeva da tempo. “Il dato più basso è quello di Marsala (il 6,86%), dove insieme alla lista dell’onorevole Pellegrino, che all’Ars è un nostro deputato, superiamo comunque il 13. Ad Agrigento siamo primi con l’11%, a Barcellona Pozzo di Gottto prendiamo il 14% con la nostra lista e il 9% con con gli Azzurri per Barcellona: in totale siamo al 23%. Prima della competizione, avendo letto i dati nazionali, ero molto preoccupato. Ma da lunedì pomeriggio posso affermare, senza timore di smentita, che non c’è stata partita. Siamo un’isola felice”. Al bagaglio (pieno) di Miccichè si aggiunge un numero consistente di sindaci (“Quindici, se non ho fatto male i calcoli”) e una prestazione poderosa della coalizione di centrodestra. Se non fosse per quelle poche macchie…

Presidente, sa che sommando i voti dei due candidati di centrodestra, a Termini, ve la sareste giocata almeno al ballottaggio?

“Sì. Infatti mi girano le scatole… Ma so bene che alcune volte è impossibile venire a capo delle situazioni locali. Avevo chiesto a qualcuno degli alleati, ad esempio l’Udc, che soprattutto in quei comuni dove Pd e Cinque Stelle correvano insieme, non bisognava commettere l’errore di separarsi. Purtroppo non è stato possibile”.

Anche ad Agrigento, senza la spaccatura fra Zambuto e Catalano, vi sareste ritrovati al secondo turno.

“Lì però è un po’ diverso. Alla vigilia sapevamo che Micciché (arrivato primo: sfiderà l’uscente Firetto al ballottaggio, ndr) era un buon candidato. Abbiamo tentato un’altra strada, e questo è il prezzo da pagare. Comunque c’era già un patto con l’onorevole Di Mauro: ci eravamo promessi che nel caso in cui uno dei due fosse finito al ballottaggio, l’altro lo avrebbe sostenuto. Pertanto saremo al fianco di Micciché. Penso che vinceremo tranquillamente”.

Parliamo di cose liete. Qual è il risultato più inatteso?

“Quello di Ribera è senz’altro il più emozionante, perché abbiamo ribaltato una situazione di governo grazie a una persona giovane e brillante, Matteo Ruvolo. E Forza Italia ha preso più dell’8%. Anche a Bronte Pino Firrarello ha dimostrato di avere le palle. E’ una delle persone a cui voglio più bene. Il fatto di essere anziano non lo ha penalizzato. Sa cosa penso? Che c’è di nuovo voglia di centrodestra”.

Ma governate alla Regione da tre anni.

“Abbiamo sofferto per qualche tempo dietro il populismo dei Cinque Stelle e in parte della Lega, ma oggi la situazione si è ribaltata. Il fatto che avvenga alle soglie dei prossimi appuntamenti elettorali, ovviamente, fa piacere”.

Non temete l’alleanza Pd-Cinque Stelle?

“A Barcellona, dove ci siamo presentati compatti di fronte a Pd e Cinque Stelle, li abbiamo ribaltati. Quasi doppiati. Mentre nel 2017 abbiamo superato il M5s per quattro-cinque punti, il risultato di lunedì ci dice che adesso supereremmo di gran lunga i due partiti d’opposizione messi insieme”.

Quindi crede che il risultato di Termini sia un’eccezione, magari spiacevole, più che un rischio?

“Guardi i Cinque Stelle. Li battevamo quando erano al 40%, ora sono al 5%… E il Pd? Sembrano svenuti. In città come Marsala, dove hanno amministrato per cinque anni, non hanno preso nemmeno un consigliere comunale. Il M5s è a un passo dall’estinzione, ma anche il Pd sta dimostrando di vivere una fase di appannamento. Ha vinto qualche comune nel Catanese e basta. Esultano insieme per Termini, un comune di 30 mila abitanti, senza considerare il fatto che, se fossimo rimasti uniti, li avremmo doppiati anche lì. Divisione che non avverrà alle prossime regionali. I nostri competitors hanno poco da esultare. I numeri elettorali hanno dimostrato che il centrodestra è oggi più forte di prima”.

La Sicilia – l’ha detto lei – per Forza Italia resta un’isola felice. Perché?

“La prima cosa di cui vado orgoglioso è che abbiamo altri numeri rispetto alle altre regioni. Il secondo, rispetto a quanto accade in chiave nazionale, è aver ribaltato i rapporti di forza all’interno della coalizione. Abbiamo dimostrato di essere nettamente più avanti di Lega e Fratelli d’Italia. Questi due partiti hanno preso voti solo nei posti in cui hanno una classe dirigente. Al contrario, la nostra è presente in tutta la Sicilia. Ed è di altissimo livello: da Palermo a Catania, passando per Messina”.

Durante la tre giorni della Lega a Catania, aveva suggerito a Candiani e Giorgetti che per radicarsi, nell’Isola, dovrebbero cambiare atteggiamento. A cosa alludeva?

“Non c’è dubbio che la Lega, se vuole avere successo in Sicilia, deve mantenere un atteggiamento diverso che nel resto d’Italia. La Sicilia è diversa. Nel nostro Dna c’è una sorta di tolleranza nei confronti dello straniero e dell’immigrato. La “differenza” è un valore. Siamo al centro del Mediterraneo e consideriamo fratelli tutti i paesi che si affacciano sul nostro mare. Sono assolutamente favorevole alla regolamentazione del fenomeno, ma non possiamo considerare queste persone “diverse”. Nel momento del grande mal di pancia, alle ultime Europee, la Lega ha preso il 20%. Ma nei comuni, i cittadini siciliani non sono disposti a scambiare la solidarietà con nessun’altra cosa”.

Il risultato di domenica e lunedì depone a favore del centrodestra tradizionale. Vuol dire che cancella qualsiasi pretesa, avanzata anche di recente, di dar vita a un nuovo, grande centro?

“Il grande centro farà sempre parlare di sé, specialmente in Sicilia. Ma se ci fa caso, il centrodestra vince in maniera schiacciante laddove è più moderato. Massimo Grillo, fino a qualche tempo fa, era un esponente della Democrazia Cristiana. A Marsala la sua coalizione ha fatto il 56%. Ma la politica oggi ci parla di uno schema bipolare – formato da centrodestra e centrosinistra – che si può pensare di sovvertire. Provare a rifare la “balena bianca”, come qualcuno ha ipotizzato di recente, è una sciocchezza. Noi, qui in Sicilia, siamo un centrodestra leggermente più spostato al centro. Nonostante un presidente della Regione che proviene più da destra. Ma le origini di Nello Musumeci non hanno assolutamente scombinato le carte. Le difficoltà sono arrivate quando non siamo stati insieme. Il centro da solo non può farcela”.