Il Ponte sullo Stretto è una questione che riguarda tutti: destra, sinistra, centro. La dimostrazione plastica è arrivata ieri, quando a Roma si è costituito il gruppo interparlamentare – su proposta della forzista Matilde Siracusano – per la realizzazione dell’opera di cui si discute da quarant’anni e che per il momento, al Ministero delle Infrastrutture, vede impegnata una commissione di sedici tecnici (istituita dall’ex ministra De Micheli) per capire cos’è meglio: se il ponte “classico” o il tunnel subalveo, soluzione che piaceva di più a Conte. Ma ora che l’avvocato del popolo ha fatto le valigie e il governo è composito, iniziative come quella della Siracusano, subito sostenuta da Lega e Italia Viva, risultano di più facile applicazione. E vengono utilizzate dai renziani per cercare di indebolire l’asse ideologico fra Pd e Movimento 5 Stelle.

Ne è prova l’adesione convinta di un paio di dem: l’ex rettore di Messina, Pietro Navarra, e Vincenza Bruno Bossio. “Il governo – conferma la Siracusano a ‘Il Fatto quotidiano’ – nasce nello spirito dell’unità e per mettere a terra progetti su cui c’è una larga condivisione. E il Ponte è un’opera condivisa eccome, anche nel Pd, sebbene da quelle parti si preferisca chiamarlo ‘attraversamento stabile’ per pudore. Ma sempre Ponte è, o no?”. Non fa una piega.

Anche il deputato leghista Nino Minardo, ovviamente, è della partita: “L’intergruppo – spiega – è un bel segnale della nuova visione e della nuova strategia alla base della nascita del governo Draghi. In questa fase dolorosa per tutti pensiamo che il riscatto del Mezzogiorno e della Sicilia in particolare possa finalmente contare sula realizzazione del Ponte sullo Stretto e su un ampio consenso politico e parlamentare che dia, finalmente, l’input decisivo a quella che sarà una delle opere pubbliche più importanti della storia d’Italia. Assieme ai colleghi deputati e senatori condivido lo spirito di un’alleanza che partendo dal Meridione coinvolga diversi protagonisti della scena politica, caratterizzati da percorsi differenti ma animati dalla medesima ambizione. Faccio anche notare come la convinzione di costruire il Ponte sullo Stretto di Messina sia, storicamente, patrimonio del centrodestra e che la svolta impressa da qualche anno da Matteo Salvini alla Lega abbia dato nuova e fondamentale linfa a questo progetto; nondimeno ora vi sono le condizioni per allargare, e di molto, il perimetro dei favorevoli, anche verso il centrosinistra, e vi sono le risorse del “Recovery Plan” a disposizione”.

In verità il Ponte non compare nelle bozze del Recovery, che ammette soltanto opere “cantierabili”. Renzi nel 2016, quand’era a palazzo Chigi, provò a riaccendere le speranze del gruppo Salini-Impregilo (oggi Webuilt), parte del consorzio Eurolink che ancora oggi attende dallo Stato un risarcimento di 700 per lo stop imposto all’opera nel 2012 dal governo Monti. Tutti i fari restano puntati sul Mit, dove il ministro Giovannini si dice in attesa del lavoro della commissione tecnica, che già nel dicembre scorso aveva consegnato alla De Micheli un report di circa 200 pagine: non è previsto aggiunga no altro. Nel carteggio si fa riferimento a un nuovo studio di fattibilità, che permetterebbe al Ponte di connettersi all’alta velocità che la Sicilia – quella sì – reclama fortemente in vista della spartizione del bottino europeo.